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i budda viventi 285


Il monaco che doveva servirgli da interprete gli fece percorrere un ultimo corridoio, poi aprì una porticina e Rokoff, stupito, si trovò su una specie di palco coperto da un ricco baldacchino di seta gialla a frange d’argento e dinanzi a un mare di teste.

Era entrato nel tempio del monastero, una immensa sala sorretta da sessanta colonne di legno dipinte in rosso e con ornamenti d’oro, capace di contenere due o tremila persone.

Nel mezzo, sotto un lucernario, troneggiava un Budda di proporzioni gigantesche, seduto colle gambe incrociate, su un enorme blocco di pietra staccato probabilmente da una delle più sante montagne del Tibet, forse dalla famosa Tisa, la grande piramide dei Hano-dis-ri, il Mera degli antichi indiani. Tutto all’intorno, centinaia e centinaia di pellegrini, giunti da tutte le parti del lago, si pigiavano, conservando però un religioso silenzio. Erano tutti montanari dalle facce poco rassicuranti e colle cinture riboccanti d’armi, fanatici pericolosissimi, che potevano far passare un brutto quarto d’ora al povero cosacco se li avesse ingannati, anche se si trovavano nel tempio dedicato al grande Illuminato.

Vedendolo comparire sul palco, i pellegrini erano caduti in ginocchio, battendo la fronte sulle pietre del pavimento e borbottando delle preghiere. Nessuno aveva avuto il coraggio di guardarlo.

Rokoff, già stordito da quell’abbondante bevuta che gli faceva ronzare gli orecchi e girare la testa, era rimasto come inebetito dinanzi a quella folla in adorazione, colla bocca aperta e gli occhi dilatati da un terrore invincibile.

— Devo confessare che ho paura, — aveva mormorato. — Che cosa sta per succedere? Mi sento mancare il coraggio e paralizzare la lingua. —

Si era voltato per vedere se la porta era aperta. Se non fosse stata chiusa sarebbe certamente fuggito, precipitando la catastrofe.

— I birbanti! — esclamò. — M’hanno chiuso nel palco. Coraggio, mio caro Rokoff: si tratta di salvare la mia pelle e anche quella di Fedoro. —

Alzando gli sguardi aveva veduto di fronte al suo palco, presso la statua di Budda, il Bogdo-Lama assiso su un divano circondato da un numeroso stuolo di monaci e con a fianco il prete che doveva servire d’interprete.

Il barbuto pontefice non staccava i suoi sguardi dal co-