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270 capitolo trentesimo


— Quale onore pel nostro monastero! — esclamò il Lama. — Poi sospirò a lungo, guardando Fedoro.

— Si prepara a darti un altro pugno, — disse Rokoff. — Lo vedo; prepara la difesa, Fedoro.

— Potessi prepararla almeno tu, questa volta!

— Io non so il cinese; non parlo che il Calmucco e il Chirghiso, — rispose il cosacco che rideva sotto i baffi.

— Ah! Se voi vorreste! — disse finalmente il Lama con un altro sospiro più lungo del primo. — Quale sarebbe l’onore pel nostro monastero!... Più nessun pellegrino si recherebbe a quello di Tascilumpo e nemmeno a quello di Lhassa.

— Con tutti questi onori chissà in quale ginepraio finirà per cacciarmi, — mormorò il povero russo, le cui inquietudini aumentavano. Nondimeno si fece animo, dicendo:

— Parlate, spiegatevi meglio.

— Rimanete sempre qui con me, — disse il Lama. — Faremo di voi due Budda viventi, due vere incarnazioni del Dio.

— È impossibile! — esclamò Fedoro, spaventato.

— E perchè?

— Siamo attesi in Mongolìa e in Siberia.

— I Mongoli e i Siberiani potranno farne a meno di voi, — rispose il Lama, con una certa durezza che sconcertò il russo. — La vera religione buddista è qui, non fra quei selvaggi, ed è sulle sacre rive del Tengri-Nor che viene più scrupolosamente osservata.

— E se nostro padre non lo permettesse?

— Budda è grande e ama i suoi adoratori, potrebbe lui scontentarli? Noi raddoppieremo le preghiere e i sacrifici e sarà contento.

— Ciò che voi ci chiedete non sarà mai possibile, — rispose Fedoro, con voce recisa. — Noi dobbiamo compiere la nostra missione.

— E se i montanari si opponessero alla vostra partenza? — chiese il Lama. — Come potrei io impedirlo? Non ne avrei l’autorità.

— Voi, un Bogdo-Lama! — esclamò Fedoro. — Un pontefice della religione a cui tutti i fedeli debbono obbedienza?

— Sono molti e quando vogliono una cosa nessuno potrebbe più domarli. Pensate che io non ho forze da opporre loro.

— Minacciate di scomunicarli e di scatenare tutti i fulmini del grande Budda. —