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i buddisti del tengri-nor 263

persino i cavalli, non ostante il loro villoso mantello, soffiava dalle montagne circostanti, cacciandosi entro le gole con ruggiti tremendi e in lontananza si udivano i boati delle valanghe, rotolanti dai ghiacciai.

Il lago, che lambiva il sentiero percorso dalla scorta, presentava uno spettacolo terribile. Montagne d’acqua si rovesciavano contro le spiagge con fracasso spaventevole, rimbalzando e ricadendo, formando gorghi e colonne liquide e lanciando cortine di spuma fino addosso ai cavalieri.

Sopra, l’immensa nuvola nera, in balìa dei venti che si incontravano in tutte le direzioni, roteava vertiginosamente, ora abbassandosi quasi fino a sfiorare le creste dei marosi e ora squarciandosi. I lampi però erano cessati. Solamente il tuono, di quando in quando, faceva udire la sua possente voce.

— Bella notte, per farci fare un viaggio, — disse Rokoff, che rialzava a ogni istante il bavero della sua tonaca. — Mi pare che questo vento mi strappi, pezzo a pezzo, tutta la carne del mio volto.

— Non mi stupirei se ciò ti toccasse, — rispose Fedoro. — Certe volte i venti acquistano una tale violenza, in queste regioni, e sono così secchi, da strappare perfino la carne delle braccia. Il capitano Gill, del corpo degli ingegneri reali inglesi, che ha visitato queste regioni, ha provato quei terribili morsi del vento tibetano.

— Il Bogdo-Lama poteva ben attendere domani, invece di esporci di notte, a questo viaggio. Aveva paura che scappassimo?

— Io sospetto invece qualche cosa d’altro.

— Ossia?

— Che temesse che il Lama che ci ha ospitati ci nascondesse, facendo poi spargere la voce che noi eravamo tornati in cielo.

— Che questi signori monaci abbiano l’intenzione di tenerci prigionieri?

— Lo temo, mio povero Rokoff. Saranno orgogliosi di possedere due figli di Budda viventi. È ben vero che ne hanno degli altri, ma non discendono dal cielo, nè sono mai stati veduti volare sul dorso d’un uccello.

— E noi ci lascieremo sequestrare tranquillamente?

— Pel momento ci conviene adattarci alle circostanze e fare buon viso alla cattiva fortuna.

— Io mi ribellerò e farò un massacro di tutti i monaci di Dorkia, — disse Rokoff.