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i buddisti del tengri-nor | 261 |
— Il Bogdo-Lama di quel convento desidera vedervi. —
Fedoro aggrottò la fronte, fingendosi indignato.
— Noi non siamo i servi del Lama di Dorkia, — disse con voce acre. — Perchè non viene lui qui?
— Io non posso altro che obbedire, — rispose il monaco. — È mio superiore, comanda a tutta la regione e se io volessi rifiutarmi, sarebbe capace di mandare qui i suoi guerrieri e farci tutti prigionieri.
— Noi dobbiamo aspettare qui il nostro terribile uccello e anche i nostri compagni.
— Se tornano, dirò loro che siete nel monastero di Dorkia, — rispose il Lama.
— Ce lo promettete?
— Ve ne dò la mia parola.
— Come andremo noi a quel convento?
— Il Bogdo-Lama ha mandato dei cavalli e una numerosa scorta.
— Chi l’ha avvertito che noi siamo scesi qui?
— Su tutte le spiagge del lago si è sparsa la voce che dei figli del cielo percorrevano la regione montati su un’aquila di grandezza prodigiosa ed è giunta anche agli orecchi del Bogdo-Lama di Dorkia, il quale ha mandato messaggeri e scorte in tutti i conventi per condurre a lui i santi uomini, nel caso si fossero degnati di scendere sul Tengri-Nor. Non indugiate, la scorta vi attende. —
Fedoro tradusse a Rokoff l’esito di quel colloquio, non senza celargli le sue apprensioni.
— Se ci rifiutassimo? — chiese il cosacco.
— Il Lama di Dorkia, a quanto ho capito, è potentissimo e potrebbe ricorrere alla forza. Potremmo noi resistere a tutti i suoi guerrieri, che ascendono forse a delle migliaia?
— Sicchè non ci rimane che obbedire.
— Purtroppo Rokoff.
— Ah! Diavolo! Mi pare che quest’avventura s’imbrogli; non vedo chiaro in questa faccenda. Se al Lama di Dorkia saltasse il ticchio di tenerci prigionieri?
— O fare di noi dei Budda viventi? — disse Fedoro.
— Prenderemo a pugni il Lama e i suoi monaci.
— Dunque? — chiese il vecchio, con una certa ansietà.
— Siamo pronti a seguire la scorta, — rispose il russo. — Avremmo però desiderato fermarci presso di voi alcuni giorni.