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i buddisti del tengri-nor 255


— No, avevamo altri due compagni.

— Dove si sono recati costoro?

— A visitare i monasteri del settentrione.

— Andrete poi anche a Lhassa?

— Dobbiamo visitare il Dalai Lama, — rispose Fedoro. — Siamo incaricati d’una missione per lui.

— Da parte del grande Budda?

— Sì.

— Si lagna dei suoi fedeli?

— È anzi soddisfattissimo, ma desidererebbe che i pellegrinaggi diventassero più numerosi e più frequenti.

— La colpa non è nostra, bensì dei briganti che infestano i passaggi degli altipiani.

— Budda li sterminerà, — disse Fedoro. — È già stanco delle innumerevoli scelleratezze che compiono quei miserabili e abbiamo anzi già ricevuto l’ordine di farli divorare, dove li incontreremo, dal nostro uccello.

— Deve essere terribile quel mostro, — disse il Lama, mentre un brivido di terrore lo faceva sussultare.

— Divora cento uomini cattivi al giorno e con pochi colpi delle sue ali abbatte dei villaggi interi. Quattro giorni or sono ha distrutto un covo di banditi, bruciandolo completamente.

— Ha il fuoco nel ventre? — chiese il Lama stupito.

— Vomita fiamme che nessuno può spegnere.

— Quanta potenza vi ha dato Budda! Dove risiede ora il nostro Dio?

— Sta pregando sulla vetta del Tant-la.

— E quando tornerà a mostrarsi ai suoi fedeli?

— Ha da compiere ancora molte incarnazioni, prima di tornare uomo, — rispose Fedoro sempre imperturbabile. — Forse fra mille anni si degnerà di mostrarsi sulle acque del Tengri-Nor, montando un uccello simile al nostro, ma cento volte più grande. Tremino allora i cattivi, gli empi. Tutti verranno distrutti dal fuoco del suo mostro e dannati per tutta l’eternità a cucinare nel lago di Boracee sotto forma di scorpioni.

— Basta, Fedoro, — disse Rokoff, il quale non comprendeva nulla. — Domanda se ha una cena da offrirci e del fuoco per asciugarci. Questo monastero è freddo come una ghiacciaia.

— Stiamo discutendo su Budda.

— Me ne infischio io del loro Dio color della terra cotta.

— Un po’ di pazienza. —