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il lago santo dei buddisti | 251 |
— Monaci, non vedi che portano tutti delle tonache di grosso feltro con un manto bianco?
— Sì, e che dà loro l’aspetto di fantasmi, specialmente fra questa oscurità. —
Fedoro mosse incontro a loro alzando le mani e dicendo in cinese:
— Pace!... Pace!... —
I sei monaci stettero un momento immobili, col più vivo stupore impresso sui loro volti giallognoli, poi deposero le lanterne e si inginocchiarono dinanzi ai due naufraghi coi segni del più profondo rispetto, pronunciando delle parole che nè il russo, nè il cosacco riuscivano a comprendere.
— Eh! che cosa ne dici, Fedoro? — chiese Rokoff.
— Che questi uomini ci adorano.
— Che ci prendano per figli della luna o delle tempeste?
— Per i figli del grande Budda, amico mio. Devono averci veduto cadere dallo Sparviero.
— Per le steppe del Don! Sapremo approfittare della loro ignoranza per farci regalare almeno una buona cena e un comodo letto. Spero che non saranno poi così stupidi da credere che i figlioli di Budda vivano d’aria. Alzatevi, reverendi, basta colle adorazioni: abbiamo fame ed anche freddo. —
E siccome i monaci non accennavano a levare la fronte che tenevano posata al suolo, ne prese uno e lo sollevò come fosse un pupattolo, mettendolo in piedi. Gli altri s’affrettarono a rialzarsi, cacciando fuori le lingue lunghe una buona spanna e dimenandole in tutti i sensi.
— Abbiamo capito, ci salutate, — disse Rokoff. — Ma basta; conduceteci con voi. —
I monaci si guardarono l’un l’altro cercando probabilmente di comprendere ciò che chiedeva il cosacco, poi uno di loro, che portava al collo un grosso monile formato di pietruzze traforate e molto trasparenti, fece alcuni segni, indicando replicatamente la cima della roccia.
— Che c’invitino a salire lassù? — chiese Rokoff.
— Mi sembra, — rispose Fedoro.
— Non puoi farti capire da costoro?
— Non comprendono il cinese. Nel loro monastero ci sarà, spero, qualcuno che lo parlerà, essendo i Tibetani tributari della Cina. Sì, Rokoff, c’invitano a seguirli.
— Andiamo, — rispose il cosacco. — Mi sento gelare il sangue e desidererei un buon fuoco. —