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242 | capitolo ventottesimo |
qualche vetta. Preferisco lottare su questo lago, che è almeno sgombro d’ostacoli.
— E se le nostre ali si spezzassero e noi cadessimo? — chiese Fedoro.
— Il mio fuso può navigare al pari d’un battello, — rispose il capitano. — Non sarebbe la prima volta che prova l’acqua. Vi è una sola cosa che temo: le scariche elettriche. Bah! La fortuna che ci ha protetto finora, non ci abbandonerà oggi. Avanti e confidiamo nella nostra buona stella. —
Le acque del lago, dopo d’aver cambiato tinta, cominciavano a muggire cupamente sotto lo Sparviero. Delle ondate si formavano qua e là, aumentando di mole e anche d’altezza, come se anche il fondo si sollevasse sotto la spinta di forze plutoniche. Delle colonne liquide di quando in quando si lanciavano in alto, per poi ricadere e sfasciarsi con immensi fragori.
La nube nera, che aveva i margini tinti d’una luce pallida, quasi sulfurea, si abbassava rapidamente minacciando di avvolgere anche la macchina volante. Nel suo seno i lampi si seguivano quasi senz’interruzione e tuoni assordanti scrosciavano destando l’eco delle enormi montagne giganteggianti intorno al lago.
Senza quegli sprazzi di luce vivida, si sarebbe detto che la notte era improvvisamente piombata sul misterioso lago dei buddisti. E infatti, quando i lampi cessavano, una profonda oscurità avvolgeva le acque e le montagne.
Anche l’elettricità aumentava. Sulla punta delle ali, sulle estremità dei due piani inclinati, perfino sulle eliche, correvano delle fiammelle; era il fuoco di Sant’Elmo che faceva la sua apparizione.
E intanto le folate di vento si succedevano sempre più impetuose, con mille fischi, mille stridori e mille muggiti rauchi. Pareva che dalle gigantesche vette della catena dell’Imalaya tutti i venti si fossero scatenati. Venivano raffiche dall’est, dall’ovest e dal sud, provocando delle trombe d’aria d’una tale violenza, che talora assorbivano, per modo di dire, lo Sparviero, travolgendolo in una vertiginosa corsa circolare.
— Capitano, — disse Rokoff, che forse per la prima volta si sentiva profondamente impressionato. — Come finirà la nostra corsa? Vedo la nube abbassarsi con rapidità spaventevole.
— Stiamo giocando una carta disperata, — rispose il comandante. — Non credevo che questa bufera dovesse scatenarsi con tale violenza.