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l’assalto dei montanari | 219 |
Di quando in quando si alzava cercando di forare, cogli sguardi, la nebbia che si addensava con un’ostinazione desolante.
Nel vallone tutto era silenzio. Non si udivano che i colpi di martello del macchinista.
In alto però il vento ruggiva sempre ed i rombi delle valanghe si seguivano.
— Se qualcuna cadesse qui e ci fracassasse lo Sparviero? — si chiese ad un tratto il cosacco. — Tutto è possibile in questo dannato paese. —
Stava per alzarsi, quando gli parve di vedere un’ombra strisciare sul suolo. Veniva dalla parte del fuso e si dirigeva verso le casupole dei tibetani.
Procedeva in un certo modo da crederlo più un animale che un uomo.
— Sarà qualche cane, — disse Rokoff. — Mi hanno detto che questi pastori tengono dei molossi di statura gigantesca. —
Si provò a dare il chi vive e, non ottenendo risposta, tornò a sedersi, più che mai convinto che quell’ombra non potesse essere un uomo.
Un quarto d’ora dopo però, ne scorgeva un’altra. Anche questa proveniva dal fuso e scivolava silenziosamente in direzione delle capanne.
— Che i cani vadano a ronzare intorno allo Sparviero? — si chiese Rokoff, un po’ inquieto. — To! Ed eccone là un terzo che se ne va. —
Lasciò il posto e fece alcuni passi innanzi, ma già anche quell’ombra era scomparsa nella nebbia.
Curioso di chiarire quel mistero, fece un altro giro intorno al fuso e ne vide altri allontanarsi velocemente.
— Ciò non è naturale, — disse.
S’avvicinò allo Sparviero sul cui ponte il capitano, Fedoro e gli altri due lavoravano martellando lunghe lamine di acciaio, alla luce del fornello.
— Signore, — disse, — è venuto nessuno qui?
— Ah! Siete voi, signor Rokoff? — chiese il capitano, accostandosi alla balaustrata. — Come va la vostra guardia?
— Mi pare che non vada bene.
— Perchè dite questo?
— Avete veduto dei cani ronzare intorno al fuso?
— Dei cani! — esclamò il capitano, stupito.
— Io ho veduto degli animali fuggire.