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l’uragano di neve | 217 |
e messa in batteria una piccola mitragliatrice a sette canne disposte a ventaglio, arma sufficiente per tenere in rispetto i Tibetani, nel caso che avessero tentato di saccheggiare o di guastare lo Sparviero.
— È venuto nessuno ad importunarvi durante la nostra assenza? — chiese il capitano.
— Abbiamo veduto, a più riprese, aggirarsi fra la nebbia alcune ombre che si sono subito dileguate al mio grido d’allarme, — rispose il macchinista.
— Si direbbe che voi non siete tranquillo, — disse Fedoro, un po’ sorpreso.
— I Tibetani non vedono volentieri gli stranieri, — rispose il capitano. — E poi qui, in queste gole, non vivono che dei briganti, non essendovi pascoli fra questi orridi dirupi. E poi sapete che cosa m’inquieta?
— Dite, signore.
— L’assenza completa delle donne; ne avete vedute voi?
— Io no. Dunque non credete che le capanne e le tende siano abitate da famiglie.
— Solamente da uomini.
— Che ci diano delle noie? — chiese Rokoff.
— Non mi sorprenderei. Durante la buona stagione, all’epoca dei pellegrinaggi, tutte le vie che attraversano gli altipiani sono infestate da banditi. Chi mi assicura che non lo siano anche questi? Vegliamo amici e non lasciamoci sorprendere.
— Brutto affare, collo Sparviero immobilizzato.
— Aiuteremo il macchinista ad accomodare l’ala. I pezzi di ricambio sono già pronti.
— Sarà lunga la riparazione?
— Non avrò terminato prima di domani a mezzodì, — disse il macchinista. — Il vento ha spezzato più di mezze verghe.
— Al lavoro, — disse il capitano. — Intanto uno di noi veglierà passeggiando intorno al fuso, onde i Tibetani non ci guastino i piani orizzontali. Se sventrano la seta, per noi sarebbe finita e un viaggio a piedi attraverso il Tibet, specialmente in questa stagione, vi assicuro che non mi sorride affatto.
— M’incarico io del primo quarto di guardia, — disse Rokoff.
Si gettò sulle spalle un ampio gabbano di tela impermeabile, si calcò in testa il suo berretto di pelo simile a quello che portano i tartari della steppa e armatosi dello snider balzò a terra, scomparendo nella nebbia.