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208 | capitolo venticinquesimo |
— E che cosa fanno quei monaci in queste gole e fra questi dirupi?
— Raccolgono le salme dei pellegrini morti in causa delle lunghe sofferenze, delle fatiche e della fame, o delle frecce o delle palle dei briganti, per cremarle e quindi mandare le ceneri ai monaci del Tengri-Nor affinchè le gettino nell’acqua più sacra della terra.
— Se scendessimo presso quel monastero, ci accoglierebbero male? — chiese Rokoff.
— Nella nostra qualità di stranieri non buddisti, avremmo più da temere che da sperare un cordiale ricevimento, — rispose il capitano. — Continuiamo perciò il nostro viaggio e teniamoci lontani da tutti. —
Il viaggio però minacciava di diventare molto difficile e anche assai pericoloso.
La bufera di neve aumentava di violenza, e i venti, ormai scatenati, soffiavano con furia irresistibile minacciando di travolgere lo Sparviero.
Una fitta nebbia si estendeva a poco a poco sull’altipiano, coprendo le spaccature, i burroni, gli abissi e facendo velo alle montagne.
La neve cadeva a larghe falde, turbinando burrascosamente, levandosi poi in cortine così fitte che talvolta Fedoro, il capitano e Rokoff non riuscivano a scorgere più il macchinista e il silenzioso passeggero che si trovavano a poppa del fuso.
Lo Sparviero, quantunque le sue ali e le sue eliche funzionassero rabbiosamente, descriveva dei bruschi soprassalti e piegava ora a destra e ora a sinistra, imitando il volo incerto e irregolare dei pipistrelli.
Talvolta il vento riusciva a vincerlo, abbattendolo verso qualche abisso, ma passata la raffica il fuso si risollevava slanciandosi nuovamente attraverso gli altipiani.
Nondimeno tutti erano inquieti, compreso il capitano, il quale temeva di dover cedere o di doversi abbassare in mezzo al turbine di neve. E poi vi era anche un altro pericolo gravissimo, quello di trovarsi improvvisamente dinanzi a qualche picco che la nebbia, che diventava sempre più fitta, alzandosi verso lo Sparviero, non permetteva di distinguere a tempo.
— Come finirà questa corsa? — chiese Rokoff al capitano. — Potremo noi continuarla senza riportare qualche grave avaria? Pensate che una delle ali è stata spezzata sull’Hoang-ho.