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206 capitolo venticinquesimo

vano a un tempo enormi massi di ghiaccio e colonne d’acqua: ora invece s’alzava per evitare qualche nuova piramide che sbarrava la via, giganteggiante sopra l’enorme spaccatura.

Faticava assai però a mantenere la sua direzione. Di quando in quando dalle gole della montagna soffiavano raffiche così furiose, da farlo deviare ora a destra ed ora a sinistra, piegandogli perfino i piani orizzontali.

Qualche volta cedeva all’impeto del vento e scartava bruscamente, rovesciandosi su un fianco o sull’altro, con gran terrore di Rokoff e di Fedoro, che temevano di vederlo precipitare in quel baratro spaventevole.

Un colpo di timone, dato opportunamente, lo rimetteva quasi subito sulla sua primiera rotta; nondimeno anche il capitano più volte era diventato pallido, credendo imminente una catastrofe.

Alle sei di sera lo Sparviero abbandonava quel vallone, scendendo verso gli opposti altipiani. La catena era stata superata e agli ultimi raggi del sole morente si era scorto a scintillare verso l’est il lago, incassato fra gigantesche montagne.

Una fermata era necessaria, essendo tutti non solo stanchi, ma anche gelati.

Il capitano si era messo in osservazione per cercare un luogo acconcio e che fosse riparato dai venti e anche dalle valanghe.

— Là, — disse a un tratto, indicando una specie di bacino circondato da un anfiteatro di muraglie granitiche. — Sembra fatto apposta per noi. —

Lo Sparviero cominciava ad abbassarsi lottando faticosamente coi venti, che continuavano ad investirlo.

Sorpassò le rocce e si adagiò dolcemente sullo strato di neve che copriva il fondo di quella depressione del terreno.

Furono visitate innanzi tutto le ali e le eliche, per vedere se avevano sofferto, poi tutti s’affrettarono a entrare nel fuso, dove era stata accesa una piccola stufa a carbone.

Al di fuori, dopo la scomparsa del sole, il freddo era diventato intenso e il vento crudissimo e nembi di neve turbinavano sugli altipiani.

Chiusero il boccaporto, cenarono alla lesta e si cacciarono sotto le coperte, ben contenti di trovarsi in un ambiente riscaldato, dopo tutta quella neve e quelle raffiche.

La notte passò tranquilla. D’altronde, chi poteva importunarli, su quei deserti di ghiaccio, dove nessun essere umano poteva abitare?