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la caccia agli «jacks» 181

da un abisso, dal cui fondo salivano dei cupi muggiti, prodotti da qualche impetuoso torrente o da qualche cascata.

Su quello spiazzo una mandria di grossi ruminanti d’aspetto selvaggio, col pelo lunghissimo e la testa armata di lunghe corna, stava sdraiata, mentre due dei più grossi si assalivano furiosamente, cozzandosi le solide fronti e staccandosi grossi ciuffi di pelo.

Quei due campioni avevano quasi la statura dei bufali e dovevano anche possederne la forza.

Colla testa bassa, gli occhi iniettati di sangue, le code in aria, i fianchi palpitanti e le bocche coperte di schiuma sanguigna si guatavano un momento, poi si scagliavano l’un contro l’altro coll’impeto di due arieti o meglio di due catapulte, cercando di sfondarsi il petto a colpi di corna.

Sì l’uno che l’altro perdevano sangue in abbondanza da numerose ferite, eppure continuavano a caricarsi con maggior lena, decisi a uccidersi.

I loro compagni intanto ruminavano pacificamente, senza inquietarsi di quel duello che doveva finire colla morte di uno o dell’altro degli avversari, se non di tutti e due.

— Fate fuoco sulle femmine, — sussurrò il capitano agli orecchi di Fedoro e di Rokoff. — I maschi hanno la carne troppo coriacea.

— Io ho scelto la mia, — disse il cosacco.

— Ed io pure, — aggiunse il russo.

— Fuoco! —

I tre colpi di carabina non ne formarono che uno solo. Una femmina, colpita forse al cuore, cadde fulminata, le altre invece s’alzarono rapidamente, fuggendo al galoppo.

I due maschi, udendo quelle detonazioni che l’eco delle rupi centuplicava, si erano fermati guardandosi intorno.

Vedendo il fumo alzarsi dietro le rupi, dimenticando per un momento i loro rancori, si precipitarono verso quella parte, a testa bassa, mostrando le loro minacciose corna.

— Fuggite! — ebbe appena il tempo di gridare il capitano, aggrappandosi a una radice che pendeva da un crepaccio.

Rokoff con un salto balzò su una rupe che gli stava presso, scalandola precipitosamente, ma Fedoro non potè di mettersi in salvo.

Mancandogli il tempo di caricare e vedendosi piombare addosso i due formidabili animali, si gettò da un lato onde evitare le loro corna, poi si slanciò a corsa disperata verso il piccolo altipiano, senza pensare che duecento passi più innanzi v’era l’abisso.