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174 | capitolo ventunesimo |
— Io spero che quel briccone di monaco, dopo una simile avventura, non resterà nemmeno mandiki. Ah! Voleva innalzarsi sulle mie spalle e sul mio matrimonio! Sposala tu quella vecchia strega! Formerete una coppia unica al mondo. —
Turfan scompariva rapidamente; non si vedevano che pochi punti luminosi che diventavano, di momento in momento, sempre meno visibili.
— Dove andiamo, capitano? — chiese Fedoro.
— Verso il lago Bagratsch-kul, — rispose il comandante.
— A pescare delle altre trote?
— Non sono più necessarie. Lo attraverseremo verso la sua estremità orientale poi ci slanceremo sopra le sabbie dello Sciamo meridionale per raggiungere le frontiere del Tibet. Comincio ad averne abbastanza della Mongolìa.
— Ed io pure, — disse Rokoff. — Speriamo che non trovi anche là qualche principessa che s’innamori della mia barba rossa.
— Ci guarderemo dall’accostare i Tibetani, molto più pericolosi dei Calmucchi, non vedendo volentieri gli stranieri sul loro territorio. Se volete andare a riposarvi, fatelo pure; veglierò io assieme al macchinista.
— Non vi fermerete in qualche luogo? — chiese Fedoro.
— Domani, quando avremo raggiunto il deserto.
— Allora possiamo tenervi compagnia, — disse Rokoff.
Lo Sparviero filava colla velocità d’un uccello, costeggiando l’acquitrino che si estende al sud di Turfan e muovendo verso la piccola catena dei Chacche-tag.
Alla mezzanotte gli aeronauti si libravano sopra Toksun, piccola fortezza mongola, occupata da un presidio cinese per frenare le tribù nomadi del deserto che esercitano su vasta scala, il brigantaggio contro le carovane degli zingari.
All’alba il lago di Bagratsch-kul era già in vista e le sue acque salate assai scintillavano, come bronzo ardente, ai primi raggi del sole.
È un bel bacino, di forma molto allungata, formato dal Chaidagol e che ha, a poca distanza, delle cittadelle molto importanti e popolose, assai frequentate dalle carovane. Al pari di tanti altri, del Tibet specialmente, è tenuto in molta venerazione e nelle sue acque vengono gettate le ceneri dei defunti, credendo gli abitanti che giungano più presto nel paradiso di Budda.