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160 capitolo ventesimo


— Ci vorrà molto a giungere a Turfan? — chiese Rokoff al capitano, il quale stava osservando una carta della Mongolìa.

— Fra un paio d’ore ci saremo; si trova al di là di questi monti, — rispose il comandante.

— È un centro grosso?

— Eh! Una borgata perduta lungo la via carovaniera che attraversa lo Sciamo occidentale. —

Lo Sparviero si era molto innalzato per poter superare la catena, la quale spingeva i suoi picchi rocciosi a settecento, a ottocento e perfino a mille metri.

Era un ammasso enorme di rupi brulle, senza alcuna traccia di vegetazione verso le cime, con spaccature profondissime che disegnavano delle vallate selvagge, in fondo alle quali si vedevano scorrere dei torrentacci impetuosi.

Laggiù la vegetazione non mancava, anzi si vedevano vere foreste di betulle, di pini e di larici, ma nessuna abitazione.

Solo degli argali, specie di stambecchi, con due corna molto ramose ai lati della testa, balzavano fra le rupi, fuggendo con rapidità fantastica; in alto invece qualche aquila in vedetta su qualche picco e che alla comparsa dello Sparviero, invece d’inseguirlo, fuggiva precipitosamente, calando sugli altipiani inferiori.

Il trenoaereo avendo trovato un vallone profondo che pareva tagliasse in due la catena, si era abbassato fino a quattrocento metri, radendo talvolta, coll’estremità inferiore del fuso le punte degli abeti e dei pini.

Il capitano aveva ordinato al macchinista di abbassarsi sperando di fare un buon colpo sugli argali che si vedevano sempre numerosissimi, ma quei sospettosi e agilissimi animali non si lasciavano accostare.

Appena scorta l’ombra proiettata dallo Sparviero s’affrettavano a cacciarsi nei boschi, rendendo così impossibile l’inseguimento.

Verso le tre pomeridiane, ossia due ore dopo lasciato l’accampamento dei Calmucchi, il trenoaereo sboccava nello Sciamo meridionale, presso la via carovaniera di Chami e d’Urumei.

Quasi subito, fra due colline, apparve un attruppamento di costruzioni in legno e di tende.

— Turfan, — disse il capitano.

— È ora di svegliare il monaco, — disse Rokoff.

— Anche per nostra salvaguardia, — aggiunse Fedoro. — È incaricato di proteggerci.