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le ambizioni d’un calmucco 159


— La mia carriera è assicurata, — gridava, sbuffando come una foca. — Sarò ghetzull, fors’anche hellung e chissà anche Lama. O miei buoni figli della luna! Quanta riconoscenza vi dovrò! Metterò a contribuzione tutti pastori di Turfan per empire la vostra bestia di agnelli e di capretti.

— Compiango quei poveri diavoli, — disse Rokoff. — Purchè, invece di agnelli, non ci regalino del piombo o delle legnate!

— I monaci dei Calmucchi sono onnipossenti e nessuno oserebbe ribellarsi ai loro voleri.

— Andiamo dunque a Turfan. —

Il mandiki, dopo molti sforzi, era riuscito ad alzarsi. Traballava però così male sulle sue gambe elefantesche, che il troppo abbondante whisky aveva reso estremamente pesanti, che Rokoff e Fedoro si videro costretti a sorreggerlo per non fargli perdere la sua dignità di monaco buddista.

Quando gli uomini della scorta appresero la sua decisione di recarsi a Turfan su quella bestia alata, non poterono fare a meno di manifestare la loro ammirazione pel coraggio del loro sacerdote.

Ebbero bensì qualche apprensione vedendolo dirigersi verso la bestia in compagnia di stranieri, però si rassicurarono, dopo che ebbero promesso di aspettarli a Turfan.

Ci volle anche l’aiuto del capitano e del macchinista per imbarcare quell’enorme massa, che non doveva pesare meno d’un quintale e mezzo.

— Siete sempre deciso? — gli chiese il comandante, prima di dare ordine d’innalzarsi.

— Sì, — ebbe appena la forza di borbottare il monaco. — Ghetzull... hellung... Lama... —

E si lasciò cadere di peso su un materasso, che fortunatamente si trovava presso di lui, chiudendo gli occhi.

— L’aria fresca gli farà passare presto l’ubbriachezza — disse Rokoff. — Che bevitore! Sono curioso di vedere come finirà questa amena avventura. —

Lo Sparviero aveva preso lo slancio e s’innalzava quasi verticalmente, battendo vivamente le ali.

I Calmucchi, vedendolo andarsene, ebbero un’ultima esitazione.

— No! No! — gridarono, con voce singhiozzante. — Non portatelo via! —

Ma già lo Sparviero fuggiva sopra il deserto, con una velocità di quaranta miglia all’ora, passando sopra gli ultimi contrafforti del Tan-Sciang.