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138 capitolo diciottesimo


— Dei pellicani? — chiese Rokoff, preparandosi a far fuoco.

— No, dei superbi cigni, — rispose Fedoro.

— Valgono bene uno zampone d’orso.

— Sì, Rokoff.

— Lasciamoli calare in acqua; mi pare che ne abbiano il desiderio.

— Non resistono molto al volo essendo troppo pesanti. Teniamoci però nascosti dietro questi cespugli perchè sono molto diffidenti. Ecco che calano. —

I cigni si lasciavano infatti cadere, tenendo le ali aperte, le quali servivano da paracadute. Ben presto quindici o venti si trovarono in acqua.

Rokoff aveva già puntato il remington, quando si sentì prendere per le spalle.

— Fermati! Non sparare! — aveva detto Fedoro precipitosamente.

— Perchè? — chiese il cosacco, sorpreso.

— Vi è qualcuno che ci spia.

— Chi?

— Non lo so, ma ho veduto un’ombra nascondersi in mezzo a quella macchia di betulle.

— Un mongolo?

— Non ho potuto osservarlo bene.

— O l’orso che cercavamo?

— Non muoverti; aspettiamo. —

Il russo ed il cosacco, un po’ inquieti, temendo d’aver da fare con qualche banda di mongoli, quantunque fossero certi di aver lasciato ben indietro quelli che li avevano inseguiti, si nascosero in mezzo ai cespugli, senza più occuparsi dei cigni.

Qualcuno, animale od uomo, si teneva celato fra le betulle.

Si vedevano i rami agitarsi e si udivano anche le foglie secche a scrosciare.

— Che sia qualche altro leopardo delle nevi? — chiese Rokoff, che non poteva rimanere fermo.

— Preferirei un orso, — rispose Fedoro. — Almeno si mangia.

— Prima che se ne vada andiamo a scovarlo.

— Volevo proportelo.

— Vieni Fedoro. —

Strisciarono fuori dai cespugli e si diressero verso le betulle, le quali continuavano ad agitarsi.