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l'inseguimento dei mongoli | 133 |
selvaggi che meritano compassione. Finchè si tengono lontani e non ci fucilano, lasciamoli galoppare. D’altronde, fra una mezz’ora noi li perderemo di vista; le colline sono poco lontane.
— Non potranno superarle? — chiese Fedoro.
— Non credo. Le ho osservate poco fa col cannocchiale e mi sono accertato che sono assolutamente impraticabili per cavalli. Sono dei veri ammassi di rocce colossali, quasi tagliate a picco, senza passaggi, — rispose il capitano. — Prima che i mongoli possano girarle, trascorreranno molte ore e noi guadagneremo tanta via da non temere più di venire raggiunti.
— Nondimeno teniamoci pronti a fare una nuova scarica, — disse Rokoff, il quale tormentava il grilletto del fucile. — Ce la prenderemo ancora coi cavalli. —
I mongoli invece si tenevano ad una distanza considerevole, pur continuando la caccia. Che cosa attendevano? Che lo Sparviero si decidesse a scendere o che, esausto capitombolasse?
Magra speranza, perchè l’aereotreno non accennava ad abbassarsi nemmeno d’un metro. Sorretto dai piani inclinati e dalle eliche orizzontali e rimorchiato da quella proviera, continuava la sua marcia, quantunque il vento non accennasse ad aumentare.
Solamente la sua velocità da trenta miglia all’ora era discesa ad appena dieci e se i mongoli avessero voluto, avrebbero potuto facilmente raggiungerlo e moschettarlo. Alle dieci le colline non si trovavano che a cinquecento metri. Formavano una immensa doppia collina, la quale si estendeva dall’est all’ovest per parecchie decine di miglia.
Più che colline erano rocce colossali e aridissime. Non si vedeva spuntare, nè sui loro fianchi nè sulle loro cime, la menoma pianticella ed erano così rigide da non permettere la scalata nemmeno a una scimmia.
Non essendo alte più di trecento metri lo Sparviero, che manteneva i suoi quattrocento metri, poteva facilmente sorpassarle senza urtarvi contro.
I mongoli, accorgendosi che la preda agognata stava loro per sfuggire, sferzavano violentemente i cavalli e raddoppiarono i loro clamori, ricominciando un fuoco violentissimo, quantunque ancora inefficace per la poca portata delle loro armi.
Si agitavano furiosamente sulle loro cavalcature, snuda-