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i leopardi dello sciamo | 123 |
— La vigliacca! Saremo costretti ad andarla a prendere per la coda.
— Un’impresa che affiderò a voi solo, signor Rokoff.
— Se si ostinasse a non mostrarsi, bisognerà andarla a cercare.
— La snideremo egualmente prendendola alle spalle. —
Erano giunti dinanzi alla prora del fuso, ma la tigre non si scorgeva sul ponte.
Il capitano fece il giro verso tribordo per vedere se si trovava rannicchiata dietro la macchina.
— Nulla, — disse — deve essere fuggita.
— Peccato, — rispose Rokoff. — Sarei stato contento di vederla balzare fuori.
— Sarà per un’altra volta, — disse il capitano. — Saliamo.
— E l’orso? — chiese il cosacco, che voleva assolutamente affrontare qualche animale.
— Passeremo sopra le macchie e se lo vedremo scenderemo. Macchinista innalziamoci.
— Non domando che due minuti, signori. —
Salirono sul fuso e si accertarono che il pericoloso animale non vi fosse più. Sotto la tela però trovarono alcuni fiocchi di pelo che non appartenevano certo a un orso.
— La briccona si era nascosta lì sotto, — disse Rokoff. — Contava di fare colazione colle nostre bistecche. —
Deposero i fucili a prora, appoggiandoli alla balaustrata e si radunarono a poppa per sorseggiare una eccellente tazza di the, che il capitano aveva preparato servendosi d’una lampadina ad alcool.
Lo Sparviero intanto s’innalzava lentamente, descrivendo una specie di spirale, onde raggiungere i trecento metri.
— Adagio, — disse al macchinista. — Cerchiamo di scoprire l’orso. Mi rincrescerebbe non mantenere la promessa.
— Quale, signore? — chiese Rokoff.
— Di offrirvi per colazione uno zampone squisitissimo. Aprirò per bene gli occhi. Le macchie non sono molto folte e, se è vero che l’orso è stato ferito, non deve essere andato molto lontano. —
Lo Sparviero, raggiunta l’altezza voluta, stava filando sopra i pini e gli aceri, quando Rokoff e il capitano videro il macchinista abbandonare precipitosamente la macchina.
— Che cosa c’è ancora? — chiese il comandante, stupito.