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114 | capitolo quindicesimo |
Un istante dopo una palla colpiva la scialuppa quasi a metà; spaccandola in due.
— Per le steppe del Don! esclamò Rokoff facendo un salto. — Un momento di ritardo e quel proiettile mi sfondava lo stomaco. —
Si gettarono sotto gli alberi, mentre la giunca sparava una seconda bordata massacrando le querce che crescevano presso la scialuppa e si misero a correre a precipizio verso lo Sparviero.
Il macchinista li aveva già preceduti.
— Vira subito di bordo ed innalziamoci fuori tiro, — disse il capitano.
— Subito, signore, — rispose il bravo giovane, mettendo in moto ali ed eliche.
La giunca aveva sospeso il fuoco per imbarcare i soldati. Era il momento opportuno per innalzarsi.
Lo Sparviero prese la corsa sfiorando il suolo, poi virò quasi sul posto e si spinse in alto descrivendo un immenso semicerchio.
Vedendo quel mostro elevarsi al disopra dell’isola, i cinesi della giunca e i soldati erano rimasti come impietriti, senza pensare a far uso delle loro armi.
Quell’istante di esitazione era stato bastante allo Sparviero per raggiungere prima i cinquecento poi i settecento metri.
Quando le artiglierie del veliero tuonarono, ormai era fuori di portata, al sicuro da qualunque offesa.
— Al nord! — gridò il capitano al macchinista.
L’aerotreno, che filava con una velocità di trenta miglia all’ora, varcò il fiume, poi mentre i manciù, furiosi di essere stati così giuocati, scaricavano all’impazzata i loro moschettoni, volteggiò al disopra delle foreste, dirigendosi verso il settentrione.
— Dateci ora la caccia, se ne siete capaci. — disse Rokoff. — Vi aspettiamo nel deserto di Gobi per offrirvi una bottiglia di gin.
— Credevo che non finisse così bene per noi, — disse Fedoro. — Se lo Sparviero non era pronto, non so se a quest’ora saremmo ancora vivi. I cannoni della giunca ci avrebbero massacrati in pochi minuti.
— Ed infatti non tiravano male quei marinai d’acqua dolce. Il macchinista deve aver fatto dei veri miracoli per riparare l’avaria in così breve tempo. Resisterà almeno l’ala?
— Non abbiate alcun timore sulla sua solidità, — disse il capitano, accostandosi ai due amici. — L’ho osservata or ora e vi assicuro che non si spezzerà se un’altra palla di cannone non la fracassa di nuovo.