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8 capitolo primo

sticci inqualificabili e non so quante migliaia di chicchere di the. Se noi resteremo in Cina un mese ancora, dimagrirò spaventosamente.

— Tra dieci giorni torneremo a Taku e c’imbarcheremo per l’Europa.

— Per Odessa, mio caro. Se avessi saputo che la Cina era così, non lasciavo il mio squadrone per accompagnarti.

— Sì, per Odessa, — rispose Fedoro.

— Per le steppe del Don! Che non finisca più questa marcia? E che questi cinesi non diminuiscano mai? Comincio a perdere la pazienza e allora guai alle code che si troveranno alla portata delle mie mani. —

Fedoro interpellò il ragazzo che portava la lanterna, ormai mezza schiacciata dai continui urti della folla.

— Presto, signore, due passi ancora, — rispose l’interrogato, in pessimo inglese. — La casa di Sing-Sing non è lontana.

— È mezz’ora che quel monello ci ripete questa frase, disse l’irascibile figlio delle steppe, tirandosi l’irsuta barba. — Mi ha l’aria di beffarsi di noi, questo briccone.

— Pazienza, Rokoff — disse Fedoro. — Non bisogna aver fretta in Cina. I figli del Celeste Impero non hanno una misura esatta del tempo.

— Auff! E sempre folla! —

Le vie si succedevano alle vie, fiancheggiate ora da casupole, ora da templi immensi, ora da dimore splendide coi tetti a punte rialzate e le pareti coperte di porcellane, da chiostri meravigliosamente traforati, da padiglioni e da giardini tutti fiammeggianti di lanterne multicolori.

La folla si precipitava come un torrente senza fine, pigiandosi fra le case, irrompendo tumultuosamente nelle piazze, urtandosi, spingendosi fra grida, urla, fragori di trombe, di tam-tam, di gong, di mille strani istrumenti musicali, mentre le bombe tuonavano senza posa sui poggioli, sulle verande, sulle terrazze, e le girandole lasciavano cadere una pioggia di scintille sugli ampi cappelli dei curiosi, sui cavalli, sugli asini e sulle portantine che s’incrociavano in tutti i sensi.

Fedoro, stanco, stava per fermarsi onde prendere un po’ di respiro, quando il ragazzo, che aveva rinunciato a portare più lungi la sua lanterna, ormai ridotta in uno stato deplorevole, si volse verso di lui, dicendogli:

— Ci siamo.