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89 i drammi della schiavitù


sordinatamente, rovesciando i poveri negri gli uni addosso agli altri. Quei disgraziati, che non avevano mai affrontato le collere dell’oceano, udendo i profondi muggiti delle onde, lo scricchiolìo del fasciame, dei corbetti e dei puntali del frapponte ed i sibili acuti del vento, che sferzava il sartiame della nave e sentendo quelle scosse disordinate, che li atterravano, emettevano sordi lamenti credendo che fossero per sommergersi.

Le madri, atterrite, si stringevano angosciosamente al seno i loro piccini i quali strillavano disperatamente ogni qualvolta che un’onda, più alta delle altre, riusciva a superare le murate, lanciando attraverso agli spiragli e ai sabordi del frapponte e delle batterie dei grossi spruzzi d’acqua.

Anche il capitano soffriva assai per quelle brusche scosse, che lo facevano trabbalzare sul letto, quantunque il dottore avesse avuto la precauzione di fasciarlo al materasso per attenuarle e perchè non si scomponessero le compresse della ferita. Si crucciava poi e assai per non poter lasciare la cabina, mentre al di fuori ruggiva la possente voce della tempesta, lui uomo d’azione che sfidava intrepidamente i furori tremendi degli oceani.

Seghira e il dottore faticavano assai a calmarlo ed a trattenerlo, perchè malgrado la ferita fosse ancora aperta, voleva farsi trasportare sul ponte e comandare lui la manovra.

– Il mio posto non è qui – ripeteva egli agitandosi come il diavolo nella pila dell’acqua benedetta, a rischio di scomporre le fasciature e di riaprire la ferita. – Udire i muggiti delle onde ed i sibili del vento e starmene su questo dannato letto, mentre la mia presenza è necessaria sul ponte e la Guadiana corre forse un pericolo, è cosa che fa impazzire.

– Mastro Hurtado è un vecchio lupo di mare, che sa il suo conto – rispondeva il dottore. – Lascia fare a lui e a Kardec, il quale, malgrado tutto, tu sai che è un valente marinaio.

– Kardec! – diceva il capitano coi denti stretti. – Io non mi fido più di lui!...

Tutta la notte la Guadiana, trasportata dal turbine, rollò e beccheggiò disperatamente come se fosse un fuscello di paglia od un tappo di sughero ed imbarcò acqua in grande quantità, essendo le onde talmente alte, da irrompere sopra le murate.

I lamenti degli schiavi non cessarono un solo istante malgrado le minacce e le imprecazioni delle sentinelle e le parole tranquillanti di Niombo, il quale aveva conservata la sua libertà. Le strida dei ragazzi erano così acute, da impedire, sopra coperta, di udire