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i drammi della schiavitù 85


Le vele pendevano inerti lungo gli alberi ed il calore, che qualche giorno prima era ancora sopportabile, era salito bruscamente a 42° sul ponte ed a 46° nel frapponte, il quale era diventato una vera fornace dove i disgraziati negri fumavano come zolfatare.

L’equipaggio si era affrettato a disertare la coperta. Non vi rimanevano che il timoniere che veniva cambiato di ora in ora e pochi uomini di guardia. Tutti gli altri cercavano un rifugio nella stiva o fra l’umidità della cala.

Anche il secondo non faceva che delle rade comparse sulla coperta, per rilevare il punto a mezzodì e dare la rotta. Il rimanente della giornata se ne stava chiuso nella sua cabina, tutto solo.

Dopo la scena avvenuta col capitano e col negro Niombo, era diventato d’un umore intrattabile. Non parlava con nessuno, evitava d’incontrarsi col dottore e perfino col mastro, si teneva lontano dalla cabina del capitano e pareva che avesse abbandonato i suoi progetti verso la giovane schiava. Però quando la vedeva comparire in coperta assieme al dottore, per respirare un po’ d’aria della sera, allora un vivo lampo balenava negli occhi di quell’uomo e il suo viso pallido e butterato dal vaiuolo, si coloriva d’un vivo rossore, come se tutto il sangue gli affluisse al capo; quando invece s’incontrava con Niombo, che nella sua qualità d’uomo libero faceva qualche rada comparsa sul ponte, il pallore del bretone diventava più cadaverico ed i suoi sguardi si accendevano d’un cupo lampo che tradiva un odio mortale. Se fosse stato il padrone a bordo, quel re negro forse non sarebbe stato ancora vivo.

Per sette giorni la Guadiana rimase quasi perfettamente immobile sotto quella pioggia di fuoco, ma il due ottobre quella calma si ruppe bruscamente e dopo un violento acquazzone ed un gran numero di scariche elettriche, cominciò a soffiare una leggiera brezza del nord-est, la quale increspò quella vasta distesa di acqua.

Quel cambiamento di tempo portò un poco sollievo ai poveri negri che soffocavano nel frapponte e anche al capitano, che soffriva assai per l’eccessivo calore, costretto come era, a starsene racchiuso nella sua stretta cabina. Quel giorno, per la prima volta si mostrò di buon umore e divenne più loquace del solito, quantunque la sua ferita, che si cicatrizzava lentamente, lo facesse ancora soffrire assai.

– Mi sento più tranquillo, Esteban, – disse al dottore che stava seduto presso il capezzale, con la giovane schiava che non la-