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70 | emilio salgari |
sai che in questo momento sono io il padrone?... È inutile, schiavo maledetto, che tu mi guardi con quegli occhi.
Il gigante non rispose, ma il lampo d’odio profondo che brillava nei suoi occhi, non si spense.
– Voglio parlarti – disse il bretone. – Conosci tu Seghira?
– Sì.
– Da dove viene?
– Dall’alto Ogobai.
– Chi era suo padre?
– Un capo della tribù dei Pacuini.
– E sua madre?
– Una portoghese di Bihè.
– E come una donna bianca si unì ad un re negro?
– Mi dissero che era stata rapita da una banda di cacciatori di uomini, i quali poi la vendettero al capo dei Pacuini per un prezzo enorme.
– Sono vivi i suoi genitori?
– Sono stati uccisi dalle bande dell’infame Bango.
– È stata dispersa la tribù?
– Sì, dispersa, o uccisa o fatta schiava.
– Vi sono degli uomini della sua tribù qui?
– No, sono stati tutti venduti ad un negriero giunto prima di voi.
– Ha dei fratelli Seghira?
– No.
– Chi ti ha detto tutto ciò?
– Seghira.
– Eri forse il suo confidente? – chiese il secondo, con ironia.
– Si era affidata a me, per proteggerla contro le brame dell’infame Bango.
– Gran che, la protezione d’uno schiavo!
– Sono un re! – esclamò Niombo, con fierezza. – La mia tribù è ancora potente sull’alto Ogobai e Bango mi temeva, anche incatenato.
– Ah! Tu eri il suo protettore?... – disse il bretone, con maggior ironia. – Accetteresti un patto?
– Parlate.
– Sai che ella ama il capitano?
– Il padrone! – esclamò Niombo, con accento di dolore. Poi rimettendosi aggiunse:
– Seghira è libera e può amare chi meglio le piace.