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i drammi della schiavitù 61


– Lo temo.

– Ah! Non voglio che muoia! – esclamò ella con strana energia.

Il dottore la guardò con viva sorpresa, fissandola negli occhi come se volesse leggerle in fondo all’anima e mormorò:

– Speriamo.

Si mise all’opera senza perdere tempo; il sangue usciva in gran copia dalla ferita ed il capitano poteva soccombere per la violenta emorragia manifestatasi. Esaminò attentamente il buco come se volesse indovinare la direzione presa dalla palla e la specie del proiettile, poi si mise a scandagliare la ferita, servendosi dei suoi strumenti.

Operava rapidamente e con mano sicura, da uomo che sa il proprio conto e che sa apprezzare i momenti.

– Eccola! – mormorò ad un tratto, respirando liberamente. – Temevo che avesse leso il polmone ed invece è deviata lungo le costole. Afferriamola: questa palla mi preme assai.

Prese una pinzetta d’argento, la lavò in una fiala contenente una soluzione di acido fenico e la introdusse delicatamente nella ferita. Frugò alcuni istanti con precauzione, poi la ritirò lentamente, procurando di non urtare i margini del buco e finalmente la estrasse. Le due punte stringevano un oggetto rotondo, lordo di sangue.

Il dottore lo lasciò cadere in un bicchiere d’acqua che si trovava su di uno sgabello, poi pose sulla ferita delle compresse bagnate e le fasciò con rapida mano.

Aveva appena terminata quell’operazione, che il capitano rinvenne. Emise un profondo sospiro, come un gemito represso, mosse debolmente le membra, poi aprì lentamente gli occhi, fissandoli sul dottore il quale lo adagiava sul fianco sinistro.

– Ah! Sei tu, Esteban! – mormorò con un filo di voce.

– Sono io, amico.

– Sembra che io sia... ferito... è vero?... – chiese, sforzandosi di sorridere.

– Ti hanno piantata una palla nel dorso.

– Nel dorso?... Hai detto?... È impossibile... ti sei ingannato!...

– Ti ho estratto or ora il proiettile.

– Dal dorso?...

– Dalla spalla destra.

– Ma...