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46 | emilio salgari |
bero a salvarmi. Gli inglesi e gli americani non ischerzano e mi impiccherebbero come l’ultimo marinaio della Guadiana.
– Rassicurati, Esteban – disse Alvaez. – Gl’incrociatori troveranno nella Guadiana pane pei loro denti, poichè sono deciso di servirmi perfino dello sperone che è solido e tutto d’acciaio.
– Per rovinare mezzo carico?... Un simile urto romperebbe le membra a chissà quanti disgraziati negri.
– Le accomoderai più tardi e...
– La baleniera! – esclamò il mastro, interrompendolo.
– Dov’è?...
– Sale il fiume costeggiando la riva.
Infatti a tre o quattrocento passi, una forma nerastra e sottile, si avanzava tenendosi sotto la cupa ombra, che gli alberi proiettavano sulle acque del Nazareth.
Saliva rapidamente, ma senza produrre alcun rumore, quasi temesse di fare qualche brutto incontro, o di attirare l’attenzione di qualche nemico nascosto fra i grandi vegetali della riva.
Quando fu quasi di fronte alla Guadiana, virò bruscamente di bordo e con pochi ma vigorosi colpi di remo la raggiunse, ormeggiandosi sotto l’anca di tribordo, all’estremità della scala di corda, che i marinai avevano gettata.
Il secondo s’arrampicò lestamente sulla nave, e mosse incontro al capitano.
– Ebbene? – chiese questi, con una certa ansietà.
– Siamo attesi – rispose il secondo.
– Quante navi?
– Due, signore.
– Dove m’aspettano?
– Una l’ho scorta all’uscita della baia; si tiene nascosta dietro le rocce del capo Fetisci, pronta a piombarci addosso. L’altra deve bordeggiare al largo, poichè l’ho veduta scambiare dei segnali colla prima.
– Ah! Vogliono prenderci fra due fuochi! – esclamò Alvaez, con ironia. – Avete veduta la nave che ci aspetta dietro il promontorio?
– Sì, signore.
– Cos’è?
– Un grosso brigantino di milleseicento o milleottocento tonnellate.
– Pescherà adunque molto più di noi.
– Senza dubbio.