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42 emilio salgari


luppe alle grue di babordo e di tribordo, e non aspettava che il capitano per ritirare gli ormeggi e salpare le ancore.

A terra non si trovava che il mastro, il quale attendeva il negriero per trasportarlo a bordo.

Alvaez andò a salutare il re negro che era già sconciamente ubriaco, e che si divertiva a maltrattare a colpi di frusta le sue donne, i suoi ministri, i suoi stregoni ed i suoi capi, che non erano però meno ubriachi di lui, s’imbarcò nella piccola baleniera seguìto dalla mulatta.

Il re ed i suoi cortigiani si erano radunati sulla riva per assistere alla partenza del legno e salutavano l’equipaggio con discordi clamori.

– È tornato il secondo? – chiese Alvaez appena mise piede sul ponte della nave.

– No, signore – risposero i marinai.

– Salpate le ancore.

– E questa schiava? – chiese Vasco, che si preparava a tradurla nel frapponte.

– Non è più schiava: è donna libera – disse Alvaez mentre la sua fronte s’annebbiava. – Conducetela nel quadro di poppa e si metta a sua disposizione una cabina.

Il fischietto di mastro Hurtado echeggiò sul ponte, dominando i clamori dei negri affollati sulla sponda. Tosto i due argani di prua e di poppa si misero a girare sotto la spinta delle aspe manovrate dagli uomini, e le due àncore vennero strappate dal fondo del fiume.

– Via gli ormeggi! – gridò il mastro.

Le due gomene che trattenevano la Guadiana alla sponda, vennero slegate dai sudditi di Bango e ritirate a bordo.

– Buon viaggio! – gridò Bango, agitando la bottiglia che teneva in mano.

– E buona digestione – rispose il mastro.

Un istante dopo la Guadiana, con tutte le vele spiegate, spinta da una leggera brezza, che soffiava dall’est, scendeva lentamente le cupe acque del Nazareth col suo carico di schiavi.