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40 | emilio salgari |
Pareva preoccupatissimo e in preda ad una viva agitazione. Pensava egli ai due incrociatori che lo attendevano all’uscita della baia per dargli battaglia, o qualche altra cosa ben più grave turbava il suo cervello, che ordinariamente era così sereno e tranquillo?
Ad un tratto si alzò bruscamente, respingendo i negri che lo circondavano e i suoi sguardi irrequieti si arrestarono sui marinai, che stavano per imbarcare gli ultimi schiavi rimasti a terra. Aveva scorto fra loro la giovane mulatta e il gigantesco Niombo.
Si arrestò qualche istante indeciso, poi si diresse rapidamente verso la riva come se avesse preso una risoluzione istantanea e volgendosi verso Vasco che comandava il drappello, gli disse:
– Lasciami la mulatta.
L’ufficiale obbedì e la staccò dalla corda che la univa agli altri schiavi.
Il capitano la prese quasi con rabbia per un braccio, e trascinandola verso un folto manglo che stendeva i suoi rami sulla riva del fiume, spargendo sotto di sè una cupa ombra, le disse bruscamente:
– Vuoi essere libera?...
La schiava fissò su di lui i suoi grandi occhi neri, che scintillavano come due diamanti fra quelle dense tenebre, ma non disse verbo.
– Mi hai compreso? – chiese Alvaez, con agitazione.
– Sì – rispose ella.
– Vattene adunque, ritorna al tuo paese.
– Io sono tua schiava e tu sei il mio padrone – disse ella incrociando le braccia sul seno.
– Ma se ti dono la libertà?
Un amaro sorriso increspò le labbra della mulatta.
– La libertà – mormorò. – Al mio paese ritornerei schiava, perchè come tale sono stata venduta. I miei compatrioti di razza nera, mi venderebbero.
– È vero – disse Alvaez. – Lo schiavo venduto non riacquista la libertà, ma l’Africa è grande e tu puoi recarti altrove.
– No, sono tua schiava – ripetè la mulatta con strana energia, mentre i suoi grandi occhi fissavano insistentemente il negriero.
– Rifiuti?...
– Tu sei il mio padrone.
– Ma sai dove ti condurrò io?
– Che importa?