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i drammi della schiavitù 35

V.


Il carico di carne umana


Il baracon del re Bango, era un’immensa tettoia costruita a breve distanza dal fiume, aperta da tutti i lati, ma circondata da un’alta e robusta palizzata, impossibile a scalarsi od a sfondarsi e guardata da un numeroso drappello di guardiani armati di fucili e di terribili sferze di pelle di ippopotamo, un colpo solo delle quali, basta per rovesciare il più vigoroso uomo.

Colà, i negri, ammucchiati alla rinfusa da parecchie settimane, attendevano, in preda a inenarrabili angosce, l’arrivo della misteriosa nave che doveva rapirli per sempre alla terra africana. I più stavano sdraiati qua e là, cupi, taciturni, i figli stringendosi addosso alle povere madri, i fratelli alle sorelle, i mariti alle mogli che forse, fra pochi mesi non dovevano più mai rivedere; gli altri, i più vigorosi ed i più indomiti, s’aggiravano lungo le palizzate come belve entro la gabbia, imprecando contro l’infame destino che li aveva fatti schiavi.

Quasi tutti malgrado le cure dei loro guardiani per rimetterli in forze, portavano le tracce delle orribili sofferenze patite. Si vedevano ancora gambe e dorsi ischeletriti, crudeli ferite non ancora rimarginate, dei lunghi solchi sanguigni prodotti dalle terribili sferze, dei colpi di lancia, di scure, di coltello, di bastone ed i più avevano il collo sanguinante pel continuo strofinìo delle infami forche di legno, che quei miseri avevano portate per settimane e settimane, forse per dei mesi, durante le lunghe marce dai lontani paesi alla costa.

Vedendo entrare il re accompagnato dal negriero e dai suoi marinai, gli schiavi si erano alzati di scatto, emettendo un minaccioso mormorìo, paragonabile a quello che annuncia l’imminente scatenarsi di un formidabile uragano.

Guai se quei cinquecento disgraziati, esacerbati dalle privazioni sofferte, resi furenti dallo stato di degradazione, avessero avuto in mano un sol momento, quel monarca ubriacone, che si preparava a venderli all’uomo bianco! Se non fosse stata la paura di quei formidabili staffili di pelle, dei quali conoscevano pur