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i drammi della schiavitù 25


Alvaez però, non era uomo da perder tempo in vane chiacchiere, specialmente ora che sapeva di essere atteso dagli incrociatori. Voleva affrettare il carico a qualunque costo, per uscire dalla baia col favor delle tenebre. Conoscendo i passi ed i banchi, sperava di prendere il largo senza essere veduto dai suoi accaniti nemici.

— Spicciamoci, — disse a Bango, che continuava a baciare, coll’avidità d’una scimmia macaco, la bottiglia di tafià datagli dal mastro. — Berrai più tardi, se vorrai.

— Ti ascolto, — disse il monarca. — Ma ti avverto che i prezzi dei negri sono rialzati.

— Me lo hai già detto, ma, io so che al Congo l’ebano vivo1 abbonda.

— Ma è lontano.

— La mia nave fila come una rondine marina. Orsù, quanti uomini?

— Trecento, tutti sani, vigorosi, bei pezzi di guerrieri.

— Quante donne?

— Cent’ottanta e il rimanente ragazzi.

— Il prezzo?

— Lasciami bere un sorso prima. Corri come la tua nave.

— Ti ho detto che ho fretta e che gli equipaggi delle navi da guerra possono sorprendermi qui.

— Vuoi spaventarmi? — urlò il re, tremando e guardandosi attorno, per accertarsi di non essere stato abbandonato dalla sua scorta.

— Non vale la pena; so che tu non hai paura, e che sei un re potente.

— È vero, — disse il monarca. — Bango non ha paura.

— Il prezzo?

— Ma gli schiavi sono...

— In rialzo, me lo hai ripetuto dieci volte, furbo compare. Lascia andare le chiacchiere, o giuro sui tuoi feticci di andarmene al Congo.

— Dunque vuoi lasciarmi senza tafià? Cosa diranno le mie donne? — piagnucolò il monarca.

— E il tuo ventre, ubriacone! — disse il mastro.

— Basta, per mille corna del diavolo! — esclamò Alvaez, che perdeva la pazienza. — Il prezzo, o faccio salpare le àncore e ti lascio gli schiavi.

  1. Espressione che significa: schiavi da comperare.