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i drammi della schiavitù | 21 |
doveva aver fatto conoscenza colle manette e con le catene dei condannati. Il fatto è che nessuno lo amava, ma che tutti lo temevano e forse anche il capitano non lo vedeva di troppo buon occhio.
— Signor Kardec, — disse Alvaez, muovendogli incontro. — Noi stiamo per venire bloccati.
Il bretone rimase impassibile.
— Mi avete compreso? — chiese il capitano.
— Perfettamente, signore, — rispose il secondo con voce tranquilla.
— Orbene, siccome nè io nè gli altri abbiamo voglia di farci appiccare, v’imbarcherete su di una baleniera e andrete a sorvegliare le navi nemiche alla foce del fiume.
— E poi?
— Fra tre ore noi scenderemo il Nazareth e verrete a riferirmi ogni cosa.
— Sta bene, signore — rispose il bretone.
— Ed ora, — disse Alvaez volgendosi verso il mastro, — andiamo a trovare quel furfante di Bango.
III.
Il re Bango.
Nel 1858, cioè all’epoca in cui si svolge questa veridica istoria, il re Bango era all’apogeo della sua potenza. Le sue orde, guidate da valenti guerrieri, avevano conquistato i paesi circostanti, portando i confini del suo reame a settantadue chilometri dalla foce dell’Ogobai, minacciando di assorbire perfino le numerose tribù dei Baccalai che occupano le regioni interne e le rive dell’alto corso di quel grande fiume.
Questo re ubbriacone e feroce, in quel tempo esercitava la tratta degli schiavi su larga scala, ed era noto a tutti i guerrieri.
Avido come lo sono in generale quasi tutti i despoti negri, manteneva gran parte della popolazione sotto le armi, per lanciarla ora contro questa ed ora contro quella tribù dell’interno, onde non lasciare sprovvisti di schiavi i suoi baracon situati sulla costa. In mancanza di prigionieri, questo miserabile, vendeva perfino i suoi sudditi!...