Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
i drammi della schiavitù | 201 |
— Miserabili!... — urlò Kardec, che si dibatteva furiosamente. — Cosa volete voi? Noi siamo uomini bianchi!
— Ed io sono il tuo schiavo — rispose una voce tuonante.
Un negro di statura gigantesca, adorno di collane e di braccialetti, con una corona d’oro adorna di tre penne d’aquila e tenendo nella sinistra una carabina e nella destra uno staffile di pelle d’ippopotamo, si fece innanzi.
— Mi riconosci tu? — chiese il gigante.
— Niombo!... — esclamò Kardec, diventando livido.
— Io sono il re dei Baccalai!...
— Traditore!...
— Lascia le invettive — rispose il monarca negro, con disprezzo.
Poi, avvicinandoglisi vieppiù, facendo fischiare quel terribile staffile, che con un sol colpo traccia un solco sanguinoso sul corpo di chi è percosso, gli disse:
— Ti rammenti quel giorno, che nel frapponte della Guadiana, quando io ero impotente, mi hai sferzato come fossi un cane?
— Uccidimi — disse Kardec con voce cupa.
— No, perchè non mi appartieni. Potrei restituirti ora quel colpo di staffile, giacchè ti trovi legato, impotente ai miei piedi, ma Niombo è più generoso degli uomini bianchi: guarda!...
E scagliò lontano da sè il terribile staffile.
— Mi doni la vita forse? — chiese il bretone, nei cui sguardi balenò un lampo di speranza.
— No, — rispose una voce.
Kardec nell’udire quella voce divenne spaventosamente livido e sentì rizzarsi i capelli. Guardò con profondo terrore, con uno sguardo da pazzo, la persona che aveva pronunciata quella parola.
Seghira, libera dai legami, stava dinanzi a lui colle braccia incrociate sul seno, sfolgorando su di lui uno sguardo terribile, implacabile.
— Tu... Seghira!... — esclamò il miserabile, stramazzando al suolo come se le forze lo avessero improvvisamente abbandonato. — Tu!...
— Sì, io, Kardec, che vengo a vendicare il capitano Alvaez! — diss’ella con accento feroce.
La benda cadde dagli occhi del bretone: comprese tutto, fin troppo. Un urlo strozzato, una specie di ruggito, gli irruppe dalle labbra contratte e rimase immobile, come fulminato, con