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188 | emilio salgari |
Si curvò verso terra, ascoltò attentamente, poi risollevandosi bruscamente, disse:
– Fuggiamo!
– Perchè? – chiese Kardec. – Chi è che osa assalirci?
– Le lascicuai – rispose Niombo.
– Che bestie sono?
– Delle formiche – disse il dottore. – Presto, fuggite se vi è cara la vita.
Kardec ed i marinai proruppero in una clamorosa risata.
– Ma siete pazzo, signor Esteban! – esclamò il bretone.
– Fuggite, vi dico.
– Dinanzi a delle formiche!... Eh via, dottore!... Voi volete scherzare.
– Chi rimane è uomo morto. Vieni Seghira!
La giovane schiava non se lo fece dire due volte e si mise a correre dietro al dottore e a Niombo, che deviava precipitosamente verso il sud, dando segni d’un vivo terrore.
Kardec ed i marinai, vedendosi abbandonare, cominciarono a temere di correre serio pericolo e dopo un po’ di esitazione, si slanciarono sulle loro tracce, trottando come cavalli spaventati.
XXIV.
La scomparsa di Niombo
Sembrerà una cosa strana, anzi inverosimile, che delle formiche possano causare tanto terrore a degli uomini rotti a tutte le avventure, provati ad ogni specie di pericoli, eppure qualunque altra persona che avesse avuto un po’ di conoscenza dei boschi dell’Africa equatoriale, si sarebbe affrettata a fuggire, come avevano fatto Niombo, il dottore e Seghira.
Non vi è forse pericolo peggiore dell’incontro di una emigrazione di formiche lascicuai. Si può evitare un rinoceronte furibondo; si può difendersi da un leone affamato; si può sfuggire all’assalto di una banda di bufali, ma non alle formiche di quella specie che sono dotate di una tale voracità, che in pochi minuti vi fanno a pezzi l’uomo più robusto, che incontrano sul loro passaggio o che ha la disgrazia di cadere in mezzo a loro.