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182 | emilio salgari |
Si trovavano sull’orlo d’una grande foresta deserta e silenziosa, che si estendeva, a perdita d’occhio, verso il sud e verso il nord, seguendo la costa, che descriveva delle grandi curve.
Non si vedeva alcun abitante non solo, ma nessuna selvaggina e nessun volatile, ma che importava? Erano a terra e pel momento eran più che contenti di aver finalmente raggiunto il continente africano.
– Accampiamoci qui – disse Kardec. – Cercheremo più tardi di procurarci qualche pezzo di selvaggina e delle frutta che non devono mancare in questa grande foresta.
– Sapreste dirmi dove ci troviamo, signor Kardec? – chiese il dottore, che si era comodamente sdraiato all’ombra di un gigantesco mango.
– No, signore: questa costa mi è sconosciuta.
– Che siamo al nord o al sud del capo Lopez?
– Non ve lo saprei dire, ma al nord od al sud, noi troveremo qualche stabilimento portoghese. Ma, forse, qualcuno può dirci qualche cosa.
– E chi mai?
– Niombo.
Il re negro si era avanzato verso la spiaggia, era salito su di una roccia che formava una specie di promontorio e pareva che esaminasse con profonda attenzione quella costa.
– Hai scoperto nulla? – gli chiese il bretone, mentre l’equipaggio sbarcava gli oggetti ed i pochi viveri rimasti sulla zattera.
– Nulla, signore – rispose il negro.
– Non hai mai veduto queste spiagge?
– Mai!
– E nemmeno tu, Seghira? – chiese Kardec, rivolgendosi alla giovane schiava, che esaminava pure attentamente la spiaggia.
– No – rispose ella, – scambiando un rapido sguardo con Niombo.
– Non importa – disse Kardec. – Ho mantenuto egualmente la mia parola, Seghira.
– Cosa volete dire?
– Che in Africa ti ho ricondotta e che tu ormai sei mia...
– E tu sei mio – rispose Seghira, con strano accento.
Kardec le si avvicinò e prendendole ambe le mani.
– E ti farò felice – aggiunse.
– Ed anch’io – rispose ella, coi denti stretti.