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176 | emilio salgari |
– Mi pare che non vi faccia buon sangue – disse il dottore con leggera ironia. – La cosa è strana...
– Mi ricorda un rivale.
– Che è morto e che riposa a tre o quattrocento metri sotto le onde di quest’Oceano. Oh, non verrà a disputarvi la conquista, è vero, Seghira?
La giovane schiava non rispose.
– Tacete – ripetè il bretone, con voce spezzata. – Cosa ne sapete voi?
– Di che intendete parlare? – continuò l’implacabile dottore.
– M’intendo io.
– Forse delle costipazioni, che sotto il sole equatoriale non si prendono, anche se si è sprovvisti della giacca?...
– Badate, dottore!... – esclamò Kardec, con accento minaccioso. – Non siamo ancora a terra!
– E da qui alla costa qualcuno potrebbe cadere accidentalmente in mare e sparire nelle bocche dei pescicani, è vero, signor tenente?...
– O peggio, signor Esteban.
– Eppure la fame era piombata sulla zattera.
– Ah! Voi sapete questo! – esclamò il bretone, con voce strozzata dal furore. – Ringraziate Iddio di essere ancora vivo!...
– Tacete, Kardec – disse Seghira che fino allora si era mantenuta impassibile. – Quest’uomo è mio amico.
– È vero – fece il bretone, con ironia. – Gli amici bisogna rispettarli ora...
– Ma non più tardi – interruppe il dottore. – La vedremo, signor Kardec.
Il bretone fece un gesto di rabbia e s’allontanò.
– Siate prudente, dottore – disse Seghira. – Quell’uomo è capace di tutto.
– Non oserà nulla contro di me, Seghira. Egli sa che con una sola parola posso perderlo.
– Nessuno più si rammenta del capitano Alvaez – osservò l’africana, con tristezza. – Che importerebbe a questi uomini, se qualcuno dicesse che quel Kardec lo ha assassinato?
– Ma non gli perdonerebbero di aver rubati i viveri. Basterebbe che io additassi a loro quel barile, che tu vedi galleggiare a poppa della zattera e Kardec sarebbe perduto.
– Non lo farete dottore: quell’uomo è mio!
– E te lo abbandono.
Alla sera Vasco mantenne la promessa fatta. Aiutato da alcuni