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168 emilio salgari


– Ah!... Ed essi credono di immolarla alla loro fame?

– Lo temo, signor Kardec.

– Bisogna che prima mi uccidano.

In quell’istante si videro i marinai lasciare la tenda e riversarsi sul ponte della zattera. Parevano tutti in preda ad una viva esaltazione ed erano armati dei loro coltelli e qualcuno anche di scure.

Un uomo, un inglese alto, allampanato, barbuto, si fece innanzi.

– Comandante – disse.

– Cosa vuoi? – gli chiese Kardec.

– Io ed i miei compagni abbiamo fame.

– Ed anch’io.

– Sulla zattera vi è uno di troppo.

– Sei tu quello?...

– No, non ancora.

– E vuoi?...

– Che qualcuno muoia. Noi abbiamo fame e qui la carne abbonda – disse l’inglese con feroce accento.

– Comincia a offrire la tua ai tuoi compagni.

– Eh!?... Scherzate, signor Kardec?... Vi sono delle pelli nere, prima di quelle bianche!

– Va’ a prenderti Niombo, se ti senti tanto coraggioso d’affrontarlo.

– Più tardi verrà il suo turno, per ora ci basta la schiava.

Kardec impallidì orribilmente ed emise una specie di ruggito.

– Vattene, miserabile, o t’uccido! – gridò, respingendolo violentemente.

– Eh per mille folgori! – urlò l’inglese. – Non mi lascio assassinare come Ovando io!...

– A morte la schiava! – vociarono parecchi marinai, facendosi innanzi. – Abbiamo fame!

– Indietro! Fermatevi! – gridò il dottore, slanciandosi in mezzo a loro assieme a Vasco. – Volete commettere un altro assassinio?... Non siete più marinai della Guadiana? Siete forse diventati più feroci degli antropofaghi della Nuova Zelanda?... Vergognatevi!

– Cosa vuole quel salassatore di malati? – chiese un marinaio, ridendo atrocemente. – Verrà più tardi la tua volta, quando ti faremo estrarre il bottone nero.

– Gettalo agli squali, che per noi è troppo magro – disse un altro. – Andrà a guarire i pesci.