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i drammi della schiavitù 147


Pareva che fosse imminente un cambiamento di tempo e che si preparasse qualche burrasca. Dovesse essere terribile sarebbe stata sempre la benvenuta, poichè avrebbe finalmente rinfrescata quell’aria infuocata che disseccava le carni di tutti, esaltava i cervelli ed avrebbe portato di certo qualche violento acquazzone. Quale delizia per quei disgraziati, già mezzo disseccati, il sentirsi inondare il corpo da torrenti d’acqua bevibile!... Avrebbero finalmente potuto spegnere quella sete bruciante, che da quattro giorni li tormentava senza tregua.

Un leggiero velo di vapori si estendeva già in cielo, attenuando la luce degli astri e laggiù, verso l’orizzonte meridionale, si vedevano alzarsi delle grandi macchie nere, tinte all’estremità d’un colore ramigno; l’atmosfera si saturava rapidamente di elettricità e sulla punta dell’albero era già comparsa una fiammella azzurra, il fuoco di Sant’Elmo, come lo chiamano i marinai.

Anche l’Oceano pareva che si preparasse a destarsi dal lungo sonno ed a rompere quella liscia superficie. Un fremito strano agitava le acque che diventavano più plumbee del solito ed ai confini dell’orizzonte le si udivano a brontolare sordamente, come se laggiù la tempesta avesse cominciato a imperversare.

La zattera, spinta da quella brezza che aumentava, trasformandosi in un vero vento, frangeva rumorosamente quei flutti neri come l’inchiostro, ma che di quando in quando avevano strani bagliori, come se sotto di essi scorressero dei getti di bronzo fuso.

I marinai, il dottore, Seghira, Niombo, avevano tutti abbandonato le tende ed aspiravano avidamente quell’aria fresca, vivificante, già satura d’umidità. Tutti invocavano la procella, che rumoreggiava sull’orizzonte.

Verso le ventidue, quando l’oscurità era più profonda, un gran lampo fendette le nubi che si erano ammonticchiate nelle profondità del cielo coprendo gli astri, ed il tuono si fece udire.

– La tempesta!... – gridò Kardec. – Sia la benvenuta!... Su, marinai, rinforzate l’albero, assicurate le casse e le botti e tendete delle funi se non volete esser portati via dalle onde. Giù le tende e preparate le tele incatramate per raccogliere la pioggia: fra poco faremo un’orgia d’acqua!...

Era tempo!... La procella si avanzava con quella rapidità incredibile che è speciale in quelle regioni equatoriali, dove i perturbamenti atmosferici si scatenano da un istante all’altro.

Bastano pochi minuti perchè la calma si spezzi, il cielo, poco prima d’una purezza superba, si copra bruscamente di nuvoloni neri come la pece ed il vento acquisti una foga terribile. Durano