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contra-pappafico, tanto era lontano, pareva immobile, quantunque soffiasse in quel momento una leggera brezza dal nord-ovest. Passarono dieci minuti lunghi come dieci ore per quei disgraziati, poi sulla cima dell’albero echeggiò un grido di disperazione.

– S’allontana! – aveva gridato un marinaio, che si era inerpicato sul pennone e che essendo più alto di tutti, poteva distinguere anche i pappafichi della nave.

Un urlo di furore rispose a quel grido.

– Ai remi!... Ai remi!...

Una pazza speranza aveva invaso l’equipaggio, pazza perchè un simile galleggiante non poteva in modo alcuno gareggiare con un veliero, per quanto fosse debole la brezza.

Tutte quelle braccia si munirono di remi, di manovelle e di tavole strappate dal ponte e si misero ad arrancare con furore, spingendo la zattera in direzione della nave, mentre Vasco continuava a sparare le carabine.

Vani sforzi! I due punti grigiastri diventavano sempre più piccoli, più invisibili, ed in capo ad un’altra mezz’ora sparvero sotto l’orizzonte.

– Siamo perduti! – esclamarono i marinai.

– Maledizione!... – gridò Kardec.

Una indescrivibile emozione regnò per alcuni istanti fra quegli uomini che parevano impazziti: urlavano, imprecavano, si strappavano i capelli, si accusavano a vicenda di aver causato la perdita della Guadiana, poi un profondo scoraggiamento s’impadronì di tutti e si lasciarono cadere sul ponte, come se le loro forze si fossero esaurite in quell’esplosione di rabbia e di disperazione, mentre la zattera, abbandonata a se stessa, navigava lentamente attraverso l’Oceano equatoriale, scortata dalla formidabile banda degli squali.


XIX.


La rivolta


Una fresca brezza che si alzò poco dopo il tramonto del sole, spingendo celeremente la zattera verso l’est, calmò a poco a poco la disperazione e la tristezza che aveva invaso l’equipaggio della nave naufragata.