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i drammi della schiavitù 141


graziosi tentacoli precipitano nella bocca, spalancata fra la ghirlanda di fiori. Poco dopo il sacco che forma lo stomaco si rovescia come un guanto e restituisce i gusci delle conchiglie o le branchie dei crostacei ridotte in pasta da un succo gastrico violento e corrosivo.

«Quando gli anemoni hanno spopolato i dintorni del loro giardino, e che la fame si fa sentire, si rovesciano colla borsa in alto strisciando sulle rocce coi loro tentacoli o si trascinano lentamente sulla loro ventosa o si staccano completamente, abbandonandosi alle onde e vanno a portare altrove le loro stragi.

– Ditemi, dottore – chiese Vasco – è vero che gli anemoni anche tagliati si riproducono?

– Sì, al pari delle stelle di mare, tagliati anche in venti pezzetti, non muoiono. Ogni pezzo a poco a poco si ricostruisce e diventa un altro anemone perfetto e pronto a divorare.

– Che vita dura hanno quei molluschi!... – esclamò Vasco. – Che disgrazia che negli uomini non si riproducano almeno le membra tagliate!

– Lo spettacolo sta per terminare – disse Seghira.

Infatti gli anemoni, accortisi della presenza dei pescicani che avevano cominciata la loro opera di distruzione, inghiottendone a ventine in un solo boccone, stavano per ritirarsi. Si videro ripiegare bruscamente i loro tentacoli, spegnere le loro tinte brillanti, far sparire il fiore, diventare semplici borse flosce e scendere nei tenebrosi abissi dell’Oceano.

Fra gli argentei bagliori delle acque fosforescenti si videro ancora taluni polipi galleggiare in mezzo alla spuma formando delle piccole aiuole di fiori, poi anche quelli si ripiegarono e calarono bruscamente a picco, mentre i feroci squali balzavano disordinatamente fra quelle onde luminose, mostrando ora le loro enormi bocche irte di formidabili denti, o le robuste code o le loro pinne pettorali triangolari.

Alle quattro del mattino, il sole emerse bruscamente dall’orizzonte, fugando le tenebre e mettendo fine alla fosforescenza. L’equipaggio operò una precipitosa ritirata sotto le tende, poichè il calore salì di colpo a 46° mentre poco prima era disceso a 37°.

Gli implacabili raggi che parevano diventassero sempre più ardenti di passo in passo che la zattera s’appressava alle coste africane, in pochi minuti resero le tavole del ponte così scottanti, che gli uomini di guardia non potevano resistere a piedi nudi. Si dovettero inondarle parecchie volte e bagnare perfino le tende, che irradiavano anche sotto di esse, un calore insopportabile.