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i drammi della schiavitù 125


– Che mi cale ormai la vita? E poi, l’equipaggio quando saprà che l’ho ucciso per vendicare il loro capitano, non oserà alzare una mano sopra di me.

Il dottore crollò il capo.

– Kardec è oggi possente, Seghira, poichè è lui che qui comanda e so che ha molti partigiani. E poi, dove sono le prove per accusarlo?

– Lo costringerò a confessare il suo delitto.

– In qual modo?

– Lo saprete più tardi.

– Voglio saperlo, Seghira; tu puoi commettere qualche imprudenza.

– Sarò astuta come un serpente, ma tremenda come una leonessa ferita.

– Infine cosa vuoi fare? Dinanzi a me tu puoi parlare; io sono l’amico di Alvaez e anch’io voglio punire l’assassino.

– Voglio strappargli dalle labbra la confessione del suo delitto.

– Ma in qual modo? Non sarà così pazzo da dirtelo.

– Io so che egli mi ama e quell’amore lo perderà.

– Ti comprendo, Seghira – disse Esteban. – Ma bada, sii prudente e sta’ in guardia! Quell’uomo è capace di tutto e l’ho veduto poco fa cercare di perdere perfino Niombo, accusandolo di avere assassinato il capitano.

– Niombo è sotto la mia protezione e guai chi lo tocca, dottore. Egli mi protesse durante la terribile marcia attraverso ai grandi boschi dell’Africa sotto la sferza dei cacciatori d’uomini, ed io lo difenderò qui – disse Seghira con suprema energia. – Ah! Non mi si conosce ancora!... Ho il sangue di due razze nelle vene: uno intraprendente ed energico, l’altro selvaggio e feroce. Kardec lo proverà!...

– Pst!

– Cosa avete, dottore?

– Silenzio, Seghira; Kardec si dirige verso di noi.

– Mi troverà carezzevole – disse la schiava con accento strano.

Infatti il bretone, che aveva terminato l’inventario dei viveri e che aveva finito di far sbarazzare la zattera di tutte le casse ed i barili che la ingombravano per lasciare maggior campo agli uomini incaricati della manovra, s’avvicinava tenendo gli sguardi fissi su Seghira.

Vedendo sdraiato verso la piccola tenda Niombo, il quale pa-