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102 | emilio salgari |
Ad un tratto la grande nave oscillò fortemente da prua a poppa scuotendo gli alberi e s’immerse formando un gorgo gigantesco. Sotto le onde si udivano ancora echeggiare lugubremente le urla soffocate degli emigranti che le acque affogavano; al chiaror dei lampi furono ancora scorti gli alberi, che erano carichi di persone, poi tutto scomparve negli immensi baratri dell’Atlantico!...
– È finita! – esclamò mastro Hurtado, con voce commossa. – Noi siamo maledetti!...
– Si gettino i salvagente! – gridò Kardec.
Casse, pezzi di legname, anelli di sughero, corde, furono gettate in mare colla speranza di salvare qualche superstite, si spararono colpi di fucile e razzi, ma nessuna voce umana rispose e nessun naufrago fu veduto dibattersi fra le onde.
Il gigantesco gorgo scavato dalla gran nave, li aveva tutti inghiottiti.
Non volendo però abbandonare quei paraggi senza essere certi che nessun naufrago ancora galleggiasse, l’equipaggio continuava a lottare contro l’uragano per ricondurre la Guadiana sul luogo del tremendo disastro. Già stava per giungervi, quando a prua s’alzò una voce terribile, angosciosa.
– Affondiamo!... La prua è spaccata!...
L’equipaggio intero, con Kardec alla testa, si precipitò verso quella parte. Vasco, pallido, coi capelli irti, stava aggrappato alla scotta del contro-floc, additando la prua che mostrava una larga fenditura alla congiunzione del fasciame collo sperone, un po’ sopra la linea di galleggiamento.
– Siamo perduti! – esclamarono alcuni uomini.
– Si salvi chi può!
– Alle scialuppe!...
– Guai chi le tocca! – urlò Hurtado, impugnando una scure che trovò sotto mano. – Signor Kardec!...
– Cosa volete, mastro!
– Scendiamo nella stiva. Forse la fenditura si può ancora turare.
– Temo il contrario, mastro – disse il bretone con aria tetra. – Per la Guadiana è finita.
– Permettetemi di dubitare. A me carpentieri, e voi altri andate ad avvertire il signor Esteban.
– Volete far chiudere l’apertura da lui? – chiese il bretone, con voce ironica.