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gli scorridori del mare 63


Capitolo XI.

LA RIVOLTA

Marinai e ufficiali si erano subito ritirati nelle loro cabine, a contare i loro denari, od a giuocarlo al monte spagnuolo colla speranza, ben magra, di raddoppiarlo alle spalle dei camerati.

Il capitano solo era rimasto sul ponte intento ad ispezionare l’alberatura e le manovre della sua nave, volendo essere certo del loro buon stato prima di tornare nell’Atlantico.

Era già una mezz’ora che osservava pennoni e cordami, quando vide Bonga appoggiato alla ribolla del timone, il quale teneva gli occhi fissi verso l’oriente, quasi cercasse scoprire la sua lontana Africa.

Il capitano si fermò per alcuni istanti, guardò attentamente la faccia triste del negro, poi, avvicinatosi gli battè sulla spalla, dicendogli con voce dolce:

— Ascoltami, Bonga.

— Cosa volete capitano? — chiese l’erculeo negro, con accento quasi tetro.

— Quanto daresti per tornartene nella tua Africa, per rivedere le tue foreste, la tua Coanza, il tuo regno?

— Tutto ciò che si vuole; parte del mio cuore, del mio sangue, della mia forza e tutte le ricchezze che ho lasciate laggiù, — rispose il negro.

Solilach tacque per alcuni istanti, poi continuò:

— Saresti contento di accompagnarmi ancora in questo viaggio? Poi ti concederei la libertà.

— Sì, sì! — esclamò il negro con accento selvaggio mentre i suoi occhi lanciavano lampi.

— Tu hai la mia parola.

— Ah! mormorò il negro.

— Sì, sarai libero e potrai tornare tranquillamente in Africa in mezzo ai tuoi fedeli sudditi.

Gli occhi del negro mandarono un secondo lampo, poi passandosi una mano sulla sua larga fronte, come se volesse cacciare un cattivo pensiero, con voce amara continuò:

— E sarà lontano quel giorno?

— Fra sei o sette mesi tu potrai tornare alla Coanza.

Il negro scosse il capo tristamente, e per la seconda volta si passò la mano sulla fronte.

— Lo dubiti? — domandò il capitano meravigliato.

— No, — mormorò il negro con voce cupa. — Tuttavia ho un presentimento doloroso. No, io non rivedrò più mai le mie foreste, le mie tribù, la mia cara Coanza.