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gli scorridori del mare 47

Questi lanciò una bestemmia all’indirizzo dei negri e si ritirò nella sua cabina.

Le quaranta donne, appena liberate, salirono sul ponte con passo timido e incerto, raggruppandosi a prora e discorrendo fra di loro.

Il capitano, seguito dall’ufficiale, si avvicinò a una di esse, e nel linguaggio dei negri della Coanza le chiese:

— Soffri?

— Sì, — rispose melanconicamente la schiava.

— Dove?

— Al cuore.

— Ah! È vero quello che si dice, — esclamò Solilach.

— Che cosa? — chiese l’ufficiale avvicinandoglisi.

— Che questi disgraziati si lamentano sempre di provare un acuto dolore al cuore, dolore che lentamente li trascina alla tomba.

— Che sia causato da qualche malattia speciale dei negri?

— Niente affatto, — disse il capitano. — Questo male lo provano quasi tutte le persone che furono ridotte in schiavitù senza che nulla ve le avesse preparate. Questa cosa fu notata parecchie volte tanto negli schiavi d’America che in quelli dell’Asia. Ma sono di già stanco di esercitare questo traffico infame che si chiama la tratta e spero che questo sarà l’ultimo mio viaggio.

— Anche a me, signore, ripugna fare il negriero, — disse il giovane ufficiale. — Io non mi sento l’animo di assistere a simili orrori e colla prospettiva di venire appiccato a ogni istante.

— E quell’indiavolato Parry vorrebbe che io diventassi un pirata! — disse Solilach. — Io un ladro!...

— Oh! Questo non succederà mai, è vero, mio capitano?

— No, giammai! — disse Solilach con forza.

Ciò detto, mentre le sentinelle riconducevano le schiave nel frapponte, si ritirò lentamente nella sua cabina.

L’ufficiale era rimasto appoggiato alla murata contemplando la luna, che a poco a poco si levava dal mare. Erano pochi minuti che si trovava colà, quando udì un passo leggiero avvicinarsi. Si volse rapidamente e fece un moto di stupore nello scorgere il secondo che lo guardava fisso.

— Che cosa volete, signor Parry? — gli chiese.

— Niente, signor Ravinet. Però desidererei sapere cosa vi diceva il capitano un momento fa.

— Nulla, — rispose l’interpellato guardando distrattamente la luna.

— Forse che parlava di me?

— Niente affatto, discorrevamo dei negri e della tratta.

— Ah! Buona guardia, signor Ravinet, — disse il secondo ghignando e volgendogli le spalle.

L’ufficiale lo seguì collo sguardo.