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40 | e. salgari |
— Si batte il tamburo a bordo dell’incrociatore, — disse il secondo.
— Prepariamoci per l’arrembaggio allora.
I grappini furono messi a posto per esser lanciati contro l’incrociatore, la santabarbara venne aperta, poi, i coltellacci, gli scopamari e i pappafichi furono imbrogliati. Gli uomini della manovra si disposero ai piedi degli alberi, i fucilieri dietro le murate, e gli artiglieri ai loro pezzi.
Il Cape-Town allora non si trovava che a seicento metri. Solilach potè vedere gl’inglesi schierati lungo le murate, pronti per l’abbordaggio.
Passarono ancora alcuni minuti: la Garonna fuggiva sempre, perdendo a ogni istante terreno e la distanza scemava sensibilmente.
Ad un tratto una nuvola bianca coronò la prora del brik. Due detonazioni scoppiarono, e due palle andarono a spezzare il pennone di pappafico dell’albero di maestra della nave negriera.
Il capitano Solilach aveva seguito attentamente, cogli sguardi, la manovra degli artiglieri nemici.
— Animo, figliuoli, quel dannato incrociatore comincia la musica! — gridò. — Attenti ai vostri colpi; mirate giusto e picchiate sodo. Suvvia, fuoco!
I due cannoni di poppa tuonarono nel medesimo tempo, e poco dopo un urlo di dolore s’innalzò a bordo del brik: sei uomini che erano schierati presso l’albero di trinchetto erano stati massacrati da una palla.
Un hurrà prolungato scoppiò a bordo della Garonna; i primi colpi erano stati tirati e solamente quelli del negriero avevano colpito giusto.
La corsa continuò ancora per alcuni istanti, poi la prora del brik avvampò di nuovo, delle detonazioni scoppiarono e dei messaggieri di morte tempestarono la nave negriera, forandole le vele, e spezzandole parte della murata di babordo.
Solilach mandò un urlo di furore. Si slanciò giù dal ponte come toro ferito, e precipitandosi in mezzo agli artiglieri, gridò con voce irata:
— Dannazione! Fuoco! Fuoco!
Nel medesimo istante i sei pezzi della batteria di babordo della nave negriera tuonavano con orrendo frastuono, lanciando un turbine di ferro sul vascello nemico. Una parte del castello di prora volò in scheggie e due o tre pennoni, infranti dalle palle, rovinarono sul ponte.
Poco dopo la moschetteria incominciò a farsi udire.
Allora il fracasso divenne spaventevole. I tiri dei cannoni, i fischi delle palle che spezzavano gli attrezzi, le grida e i gemiti dei feriti, i comandi, le imprecazioni formavano un baccano assordante.