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gli scorridori del mare 129

— Eppure si direbbe che questi furfanti hanno un essere che li protegge, — disse il marinaio, con accento quasi feroce.

— La fortuna può stancarsi di proteggerli.

— E quando?

— Sto maturando un piano che ci darà forse la libertà.

— Che cosa volete far voi che siete prigioniero al pari di me?

— Banes, se io vi dicessi che fra due mesi noi lasceremo questa nave e vendicati, cosa direste?

— Non ti crederei.

— Aspettate che ritorniamo al forte, e ve lo darò io il mezzo di fuggire.

— E tu non verrai insieme a me?

La faccia del negro assunse un’espressione cupa, poi abbassò il capo sul petto, mormorando:

— No, il re della Coanza non rivedrà i suoi sudditi, nè le sue foreste.

— E perchè?

— Banes, il gangas che predisse il mio destino, mi fece capire che sarei morto da un colpo di fucile nel momento della liberazione, e quello stregone non si è mai ingannato.

— E tu credi?...

— Sì, — rispose il negro allontanandosi.

La notte passò senza incidenti, però il silenzio che regnava nella baia fu parecchie volte turbato da ruggiti di alcune tigri e dalle rauche urla dei gaviali.

Allorquando venne il mattino, il capitano fece mettere in acqua due imbarcazioni e con trenta uomini armati sino ai denti, sbarcò sulla spiaggia, dirigendosi verso i boschi.

Ben presto giunsero sul verde margine di una immensa e folta foresta, che si estendeva dall’est all’ovest. Il capitano giunto colà fece fermare il drappello, e assieme al secondo cominciò a fare la scelta degli alberi necessari per riparare le avarie della nave. Vi erano colà delle piante di varie specie, proprie delle regioni tropicali: cocchi, palmizi, tek, casuarine, pissang ed abbondavano anche i mangli ed i banani, carichi di frutta già mature. S’affrettarono ad abbattere alcune di quelle piante per fare delle scorpacciate di quelle deliziose frutta.

Il capitano e il secondo continuavano intanto ad aggirarsi fra gli alberi, segnandone alcuni.

Per dire il vero, l’isola di Borneo è poco ricca di legnami che sieno atti per la costruzione di navi, ma il capitano Parry sapeva che il legno della canfora sebbene non sia molto duro, viene spesso adoperato dai cinesi per costruire le loro giunche da guerra e perciò decise di scegliere alcuni di quegli alberi.

Fu prima innalzata una capanna fatta di rami e di foglie per