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gli scorridori del mare 121

bordo, risalì verso il nord. Due giorni dopo il bark getava l’àncora a Taivan, la capitale della ricca e fertile Formosa chiamata dai cinesi Thai-Wan. Il capitano, non curandosi delle giunche da guerra che il governo cinese vi mantiene costantemente, discese a terra e cominciò gli acquisti. In fretta ed in furia i viveri furono imbarcati, e nella notte essi levavano silenziosamente l’àncora e costeggiando le rive occidentali dell’isola si diressero verso il sud.

Verso il mattino la nave, che continuava a costeggiare, passava in vista di un bel villaggio posto in riva al mare. La costa era deserta e il villaggio non constava che di una trentina di capanne, ma presso a queste si scorgevano dei cumuli di riso e di the riparati sotto delle tettoie, pronti senza dubbio a esser portati a Taivan.

Il capitano Parry, che se ne stava a prora, vide a colpo d’occhio il profitto che se ne poteva trarre, e volgendosi verso il secondo, disse:

— Guardate, luogotenente, quante derrate vi sono sotto quelle tettoie. L’occasione mi sembra buona per impadronirci di quei depositi, senza attendere che vadano a ingrassare gli abitanti del celeste impero.

— Infatti l’idea non mi spiace, capitano Parry.

— Quaranta uomini basteranno per tenere in rispetto gli abitanti.

Un quarto d’ora dopo due imbarcazioni cariche di uomini armati si recavano alla spiaggia, mentre la Garonna rimaneva in panna.

Gli abitanti del villaggio, vedendo quella banda di armati uscirono dalle loro capanne, ma quando s’accorsero che erano europei, rientrarono nelle loro dimore e vi si rinchiusero.

— Diavolo, non sono molto coraggiosi, — disse il secondo, che comandava la spedizione.

Coi suoi quaranta uomini circondò le tettoie ripiene di the e di riso, e cominciò bravamente il saccheggio. Gl’indigeni visto ciò, cominciarono a urlare, poi delle frecce e delle pietre volarono, insieme a qualche colpo di fucile.

Il secondo divise i suoi marinai; una parte di loro per saccheggiare, l’altra per rispondere alle offese degli abitanti.

I marinai cominciarono il fuoco, senza far gran danno, ma le pietre e le frecce cadevano sempre più fitte, ferendo non pochi uomini. Il secondo, radunati venti dei più arditi, li avventò contro una capanna la quale fu facilmente espugnata, uccidendo parte degli abitanti.

I marinai allora vi appiccarono fuoco e le fiamme, alimentate dal vento, in breve tempo si comunicarono alle altre dimore, mettendo in grave pericolo l’intiero villaggio.

Gli abitanti, temendo di morire arrostiti, abbandonarono precipitosamente le case, inseguiti da una ventina di marinai.