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miglia. Fra l’isolotto di Bocatigris e Canton corre una distanza di quindici miglia, e questo tratto di fiume era solcato da innumerevoli giunche cinesi e giapponesi e da bastimenti di ogni bandiera. La Garonna continuò a salire spinta da un debole vento, e alle due gettava l’ancora in mezzo a una vera rete di bastimenti e giunche.

Canton, chiamata dai cinesi Sang-Chieu è situata sulla riva settentrionale del fiume. Essa è cinta da una muraglia rettangolare, interrotta da forti cadenti, e si suddivide in due parti: la città cinese e la città tartara. Vista nell’insieme, essa presenta un assembramento bizzarro e fantastico, un miscuglio di tetti di porcellana azzurri e bianchi, adorni di grifi giganteschi e di punte armate di mostruose teste. Sulla cima di esse sventolavano migliaia di banderuole dipinte a vivaci colori e ornate da maschere impossibili a descriversi. I templi cinesi, i palazzi del generale mongolo, del vicerè e dei principali dignitari della città erano ornati di statue ed abbelliti da cupole irte di punte dorate e di fregi di porcellana, che brillavano come fossero d’oro, sotto gli ardenti raggi del sole.

Il porto di Canton, pieno di navi e di giunche da guerra offriva uno spettacolo grandioso, specialmente per gli innumerevoli battelli ancorati sul fiume, dove abitano migliaia di famiglie e formano la così detta città galleggiante, una delle maggiori singolarità del globo. In mezzo a quelle innumerevoli barche, sorgevano pure degli alberghi galleggianti, adorni di bandiere e di fregi.

Il capitano Parry, dopo aver gettato un avido sguardo sulla regina delle città cinesi, fece mettere una lancia in acqua e assieme al secondo si fece portare a terra, percorrendo le non larghe e mal selciate vie di Canton.

Il capitano essendo stato altre volte in città, conosceva abbastanza bene le vie, e guidava il secondo in mezzo alla folla assordante degli indigeni, dalle facce grottesche, dagli occhi obliqui e dalle lunghe code. Giapponesi, cinesi e tartari si affollavano nelle vie, gridando, vendendo e discorrendo vivamente. Alcuni di essi portavano ombrelli di bambù a vivaci colori e di dimensioni monumentali, altri portavano occhiali senza lenti, o cappelli di paglia di smisurata grandezza.

A destra ed a sinistra delle vie, si vedevano numerosi barbieri pubblici i quali radevano i loro clienti all’aperto; dei negromanti che predicavano la buona fortuna coi loro tavoli ripieni di oggetti cabalistici, dei venditori di cani e di gatti, e qualche ciarlatano che spiegava al popolo attonito le eccellenti virtù di qualche radice miracolosa o qualche aristocratico dall’incedere lento e grave, vestito di seta azzurra, con le unghie delle sue mani lunghe parecchi pollici.

I due pirati, l’uno a braccio dell’altro, camminavano aprendosi