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96 capitolo xxiv.


— Siamo dunque nel cuore di qualche gran catena di montagne, disse Burthon.

— Senza dubbio.

— Forse nel cuore delle Ande.

— È probabile, Burthon. A chi spetta il primo quarto di guardia?

— A me, disse Burthon.

— Tieni gli occhi ben aperti.

— Non temete. Nessuno s’avvicinerà al nostro accampamento.

Il meticcio si mise dinanzi la lampada e il revolver, caricò la pipa, l’accese e si sdraiò sulla sua coperta tenendo gli occhi ben aperti e gli orecchi ben tesi.

Vegliava da due buone ore, senza che nulla avesse udito nè veduto, quando, nell’abbassarsi verso terra per raccogliere un po’ di tabacco che gli era caduto, credette di udire un vago rumore.

Gettò rapidamente uno sguardo all’ingiro. Sir John, O’Connor e Morgan dormivano tranquillamente avvolti nelle loro coperte di lana; al di là del cerchio di luce della lampada non si vedeva nulla, proprio nulla.

Si sdraiò e accostò un orecchio a terra. Con sua grande sorpresa udì il passo di un uomo che la roccia chiaramente trasmetteva, e s’accorse anche che quel passo si avvicinava con una certa rapidità.

Si alzò col revolver in pugno. Tosto un grido a malapena frenato gli uscì dalle labbra.

Ad una grande distanza, ma sotto le vôlte di quella galleria, brillava fra la fitta tenebra un punto luminoso.

— Gli assassini! esclamò, impallidendo.

In due salti fu presso ai compagni e con tre vigorose scosse gli svegliò.