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un lume 95


— Una testa così piccola! esclamò O’Connor. Gli antichi peruviani avevano forse le teste grosse come una palla da giuoco?

— Chi ha detto questo? Forse l’avevano più grossa della tua che è tutt’altro che piccola.

— Ma come un testone è diventato così piccolo? chiese Burthon.

— Te lo dico subito, disse sir John. Prova premere questa testa.

Il meticcio ubbidì e con sua grande sorpresa sentì che le carni facilmente cedevano.

— Ma questa testa non ha ossa, disse.

— Non ne ha infatti. Gli indiani le hanno prima spezzate e poi fatte uscire dal collo.

— E perchè?

— Per introdurvi delle pietre ardenti le quali hanno rimpicciolito la testa senza alterare i lineamenti.

— È un processo magnifico, signore, che fa molto onore agli antichi peruviani.

— Non dico di no. Andiamo innanzi.

Si avanzarono per alcuni chilometri ancora, calpestando talvolta delle ossa gigantesche che l’ingegnere disse appartenere ad animali antidiluviani, a mastodonti o a dinoteri, o a megateri, o ad anaploteri, poi fecero la solita sosta per dar un po’ di riposo alle gambe e per accontentare lo stomaco che reclamava imperiosamente la colazione.

Alle tre la marcia venne ripresa e continuò fino alle 9. Sir John stimò il cammino fatto non inferiore ai trentacinque chilometri.

— A quale altezza siamo? chiese Morgan divorando la cena che Burthon aveva rapidamente preparata.

— A seicentocinquanta piedi sopra il livello del mare, rispose l’ingegnere.