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88 | capitolo xxiii. |
a piombo nelle acque. Aveva appena raggiunta la cima che si mise a gridare:
— Accorrete, signore! Accorrete!
Sir John in pochi salti raggiunse il macchinista. Proprio sotto quella roccia egli vide un battello fornito di macchina e carico di barilotti e di casse, alcuna delle quali aperte e vuote.
— Un battello qui! esclamò al colmo dello stupore.
— E un battello a vapore, aggiunse Morgan, e un po’ più grande dell’Huascar.
— Rimani qui che io vado a visitarlo.
Sciolse una solida corda che portava attorno ai fianchi, la legò ad una sporgenza della roccia e lentamente si calò nel battello che era profondamente incagliato nelle sabbie.
Se quello che l’ingegnere aveva fatto costruire a Louisville era riuscito un vero capolavoro per resistenza, comodità, rapidità e leggerezza, quello che i misteriosi assassini dei due negri avevano abbandonato sotto quella rupe, nel confronto non la cedeva. Era tre piedi più lungo dell’Huascar e come questi costruito a pezzi, che permettevano, all’occorrenza, di smontarlo interamente e in soli pochi minuti, leggero assai, solidissimo, tutto in acciaio, ad elica e munito di una macchina verticale di molta potenza.
A bordo non c’era nessuno, ma conteneva diversi oggetti, che l’ingegnere esaminò attentamente colla speranza di trovare qualche indizio che gli permettesse di scoprire il nome o almeno la provenienza degli sconosciuti che lo precedevano nelle viscere della terra. C’erano due cassette senza marca contenente dei cartocci di polvere e delle cartuccie, due altre cassette contenenti alcune grosse vesti di panno azzurro, una