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CAPITOLO XXIII.

Un battello abbandonato.

Non c’era più da dubitare. Uno o più uomini precedevano l’ingegnere e i suoi intrepidi compagni nelle viscere della terra. Chi erano? Quale scopo li spingeva ad affrontare i pericoli di quello straordinario viaggio? Andavano anch’essi in cerca dei tesori degli Inchi? Oppure erano scienziati che cercavano di strappare alla terra nuovi segreti?... E perchè avevano assassinato quel negro?... Erano lontani o erano vicini?... C’era da sperare, da quegli sconosciuti, un aiuto, oppure da temere un pericolo?...

I cercatori dei tesori, sorpresi da quella scoperta, si guardavano in viso l’un l’altro senza parlare. Una sorda collera bolliva nei petti di Burthon, di O’Connor e di Morgan e si rifletteva nei loro occhi.

— Preceduti! esclamò il meticcio coi denti stretti. Ma da chi?

— Chi può dirlo? rispose sir John incrociando le braccia.

— Da degli scienziati no di certo, disse Morgan. Non avrebbero assassinato quest’uomo.

— Che i tesori degli Inchi siano in pericolo? disse O’Connor. Bisogna assolutamente raggiungere gli uomini che ci precedono.

— Sì, sì, bisogna raggiungerli! esclamò Burthon.